Elaborazione grafica di Guido Nestola

22.12.08

I frutti dimenticati

Ho letto le prime 100 pagine tutte d'un fiato - fino all'ingresso in ospedale della compagna dell'autobiografico protagonista Cristiano sull'orlo dell'aborto - trascinato dal susseguirsi degli eventi. Tanta materia! Eppure mai ho avuto la sensazione di un eccesso, di un sovraccarico emotivo, pur in presenza di temi delicatissimi, che si prestavano a pericolosi squilibri retorici: la paternità rifiutata e ricercata nello stesso tempo.
Ho interrotto per qualche giorno, quasi temendo che, dopo tanto accadere, il romanzo potesse perdere d'interesse.
Ho ripreso, ma mi sono fermato subito dopo, a pagina 115, per un errorino sul quale, da ex giornalista sportivo, non ho potuto sorvolare. Il Campagnoli che con Ardito Desio sarebbe dovuto scendere dal K2 in realtà era Achille Compagnoni. Pazienza.
Poi sono andato fino in fondo e ho ritrovato gli echi dello stile tipico di Cristiano Cavina, la leggerezza sorridente e scanzonata della narrazione. E ho avuto la certezza che questo sia il romanzo della sua maturità, per lo stile prima di tutto. La ricerca spasmodica del paradosso, della situazione "grassa" o del ritratto sgangherato dei tipi di provincia che avevano segnato le sue opere precedenti qui non si avvertono affatto. E' tutto molto spontaneo, sincero, e proprio per questo credibile.

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E la fatica dei numeri primi


Maria Serena Palieri, su l'Unità di qualche giorno fa, prende spunto dalla pubblicazione del testo del discorso di Doris Lessing per il Nobel, per arrivare a questa conclusione, giusto in tempo per la copia numero un milione venduta in questi giorni da La solitudine dei numeri primi:
Il turbocapitalismo, anche nell’economia del libro, produce mostruosità, cioè successi mostruosi. Vendite stellari e sovraesposizione mediatica. Dopodiché il «fenomeno», cioè il giovane talento, per l’industria può finire nel cestino.
Se da Londra passiamo all’Italia, dal femminile al maschile, e immaginiamo un romanziere esordiente, già fisico teorico, ora ventisettenne... Già: Paolo Giordano, successo monstre di questo 2008, è al lavoro, o no, su un’opera seconda?
Ho provato a chiamare Giordano, per girargli la domanda, ma non ha risposto.

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Il sollievo di essere uno zero

Scrive Arnaldo Massarenti sul domenicale del Sole 24 ore:
Chi è uno zero può sorvolare con leggerezza, impunemente, con spirito libero, su diverse aree del sapere, anche le più difficili, matematica compresa, e scoprire per esempio che la parola cifra arriva dall'arabo sifr, che significava vuoto e indicava lo zero. E che Leonardo Fibonacci, nel suo Liber Abaci, nel 1300, ha tradotto sifr con zefiro, da cui zero: un piacevole venticello primaverile che attraversa la matematica, e la nostra vita, senza farsi troppo sentire

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10.8.08

Che aria tira da queste parti

Piove. Al ciclismo diluvia. Il tennis è stato sospeso, come tutte le gare outdoor. Sembra che stia recuperando tutta la pioggia che sarebbe dovuta cadere venerdì sulla cerimonia di apertura e invece è stata fermata da 1004 razzi, sparati tra le nuvole.

Oltre a piovere, c'è una nebbia più fitta del solito. Da quando sono arrivato, esattamente una settimana fa, c'è stata una sola giornata limpida di sole: la prima. Avevo la macchinetta fotografica ancora in valigia e ho rinunciato a tirarla fuori subito, convinto che anche l'indomani sarebbe stato così. Sbagliato.

Oddio, non so se possa dire sbagliato, è una parola un po' forte. Mi sto accorgendo che parlare della Cina è scivoloso come camminare su una buccia di banana. E mi spaventa un po' l'idea di scrivere un pezzo sui giovani cinesi delle ultime generazioni cresciute su Internet. Un esempio? Leggete i commenti, peraltro positivi, a un post di Fabio Cavalera sui giornalisti italiani e sul modo in cui hanno giudicato la cerimonia d'apertura. L'ipressione è che, per chi ci vive o per chi (come un mio collega) l'ha letteralmente "sposata", la Cina non si possa capire con gli occhi, ma solo con lo studio lungo e profondo; non si può interpretare con l'esperienza, per quanto viziata da un punto di vista occidentale. Insomma, è quasi automatico che nei confronti di questo Paese, e forse solo di questo, o si è pro oppure si è contro, non esiste una terza via.

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9.8.08

Le foto della cerimonia



Qui potete trovare lo slideshow delle foto scattate ieri sera durante la cerimonia di apertura dei Giochi di Pechino.
Un commento rapido? Bella, emozionante, ma non eccezionale, come fu invece quella di Atene. In qualche momento, perfino noiosa. Da profano appassionato, ho avuto l'impressione che Zhang Yimou non abbia sfruttato adeguatamente gli spazi enormi dello stadio e si sia preoccupato di "raccontare" molto più che di "stupire" con le immagini viventi. E il playback di Lang Lang, che aspettavo con grande curiosità, è stato quasi imbarazzante.

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7.8.08

Pellegrini al Nido d'uccello

Sono migliaia, ognuno con una macchinetta fotografica in mano. Vanno in pellegrinaggio davanti al Nido d'uccello, si piazzano davanti al recinto di metallo e scattano sorridenti. Anche per i cinesi, il gioiello di Herzog e de Meuron è una grande attrazione: a centinaia salgono su una collinetta accanto a un ponte pedonale per vederlo appena più nitido in mezzo alla nebbiolina perenne che copre Pechino, per inquadrarlo e farsi inquadrare. Un'illusione, in realtà, perchè i contorni sono sempre confusi, indefiniti. Ma a loro piace così: è il segno monumentale del cambiamento che accolgono con una curiosità gioiosa ma composta, senza l'entusiasmo fanatico che forse tra qualche giorno sarà recitato a vantaggio delle telecamere di tutto il mondo.

Se c'è una cosa che mi ha colpito nei miei giri mattutini, è proprio questa misura. Ragionavo con Luca di quanto sia fuorviante giudicare i cinesi dagli sguardi che s'incrociano nella Chinatown milanese di via Paolo Sarpi. Quanto quelli sono sospettosi e aggressivi, tanto questi sono indifferenti e "ordinari", vestiti con dignità e neanche così volgari e maleducati come li abbiamo descritti prima di arrivare qui. Qualche maschio si arrotola la canottiera sulla pancia; una cameriera è elegantemente uscita dal ristorante nel quale attendeva i clienti e appena fuori dalla porta ha fatto mollemente cadere uno scaracchio; i bambini indossano il completo di gioco di Yao Ming con le scritte Rockets e 11, ma dubito che uno solo sia originale Nba. Ma sono dettagli in una massa enorme che a volte mi commuove e non mi spaventa più.

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26.7.08

Le notizie che non lo erano

Luca Sofri tiene da alcuni mesi sul giornale per il quale lavoro una rubrica dal titolo Le notizie che non lo erano. Prende di mira le cattive abitudini dei giornalisti, che non verificano le notizie, si affidano spesso e volentieri al sentito dire, danno poco seguito a ciò che scrivono nei giorni precedenti, rilanciano opinioni e commenti altrui come fossero notizie vere e proprie. Insomma, cerca il dettaglio (in più di qualche caso, va detto, su argomenti che circolano in rete), facendo poca filosofia ma in modo efficace.

Penso a qualcosa del genere mentre sfoglio i giornali per vedere come essi trattano l'avvio dell'Olimpiade di Pechino. Gli americani sono evidentemente anti-cinesi; cercano storie di dissidenti o di sommosse fermate con la forza, oppure sottolineano l'enorme stupore di fronte alla grandiosità e alla rapidità delle trasformazioni subite da Pechino. Gli inglesi hanno cambiato posizione rispetto a qualche mese fa, forse perché loro stessi si rendono conto di quanto sia complesso organizzare un'Olimpiade e dedicarvi interamente la capitale: sono più "open minded", anche sui temi a loro cari dell'ambiente. Gli italiani s'arrabattano, fanno rimbalzare un po' di queste storie, ma senza riuscire a dare un'idea d'insieme di ciò che sta accadendo là.

E pensavo alla rubrica di Sofri anche mentre leggevo quella, lunga e articolata, scritta oggi da Joe Nocera sull'Herald Tribune/New York Times sulle polemiche sorte attorno alla scelta di Apple di non rendere noto lo stato di salute di Steve Jobs (Ricordate i titoli in prima pagina: "Come sta Steve Jobs? Non sono fatti suoi"?). Scrive Nocera:
Sotto la guida di Jobs, Apple ha creato una cultura del segreto che è stata determinante per creare la domanda dei consumatori per i suoi prodotti innovativi. Ma quella stessa cultura ha avvelenato la governance della sua azienda. Apple rivela agli analisti dettagli sulle proprie attività molto meno di quanto faccia la maggior parte delle altre società. Ha trasformato decisioni di basso profilo in segreti di stato.
Ma soprattutto Nocera rivela di aver ricevuto una telefonata da Jobs, aspra come del resto la sua rubrica, nella quale il boss di Apple gli ha detto che:
sebbene i suoi problemi di salute non siano una "comune influenza", com'era stato detto dopo la presentazione dell'iPhone 3G, non minacciano la sua vita e non si tratta comunque di una ricaduta del cancro.

Quanti giornali riporteranno domani la notizia con la stessa visibilità di quella "negativa" e choc di qualche giorno fa?

Aggiornamento: alle 12.54 di domenica, Corriere.it lo ha riportato nell'home page.


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Pechino, l'architettura per voltare pagina

C. Greco, C. Santoro - Pechino, Skira editoriClaudio Greco insegna Architettura all'università Tor Vergata di Roma. Con Claudio Santoro, ha scritto per Skira un libro fondamentale per comprendere quanto Pechino sia cambiata negli ultimi sette-otto anni, da quando cioè ha deciso di puntare sull'Olimpiade del 2008 come un'opportunità per il proprio futuro. "I cinesi hanno usato l'architettura per voltare pagina", mi ha detto durante un'intervista telefonica mentre era a Pechino per presentare l'opera. Ma, mentre Renata Pisu afferma in Mille anni a Pechino che il cambiamento è stato radicale e segnato dall'assoluta mancanza di memoria, Greco individua con chiarrezza alcuni elementi di continuità con il passato.

"La verticalità dei grattacieli costruiti dalle archistar - dice - è un concetto nuovo, applicato per emulare Shangai e Canton, verso cui Pechino (la capitale del Nord, fredda e militare, fatta sorgere peraltro da un popolo straniero e violento come i Mongoli) ha sempre sentito una suddistanza di stile. L'orizzontalità, invece, è stata mantenuta". La città è stata concepita secondo una serie di quadrati concentrici, o meglio giustapposti, attualmente cinque, ed è stata sviluppata inizialmente lungo un asse Nord-Sud. Dopo il 1949 il suo sviluppo ha cambiato direzione, da Est a Ovest, come la maggior parte delle città moderne. Con il grande cambiamento olimpico, è stato riprisinato l'asse Nord-Sud, "prolungato dal Villaggio e dalla collina olimpica - continua Greco- e valorizzato dallo stadio e dalle piscine, costruite idealmente al suo fianco".

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24.7.08

The road to Beijing


Allora... Lo spazzolino, gli antibiotici, le T-shirt. Parto tra qualche giorno e mi porto avanti: andare in Cina, a Pechino, per 22 giorni, a seguire l'Olimpiade, non consente errori. Almeno, questa è l'idea che ci siamo fatti da questa parte del mondo. La mia organizzazione, per esempio, ha commesso un errore per il quale il mio viaggio è ancora sospeso alla spedizione (e all'arrivo in Italia) di un nuovo lasciapassare olimpico: la procedura è complicata e ancora maggiore è il terrore che un eventuale tentativo di bypassarla possa far "innervosire" i doganieri cinesi. Condizionamenti mentali, probabilmente, che spero di poter verificare di persona, andando lì e raccontandolo su queste colonne (come si scriveva un tempo sui giornali). Magari già con qualche giorno d'anticipo.
Allora, dicevo... La macchina fotografica, il registratore digitale... Sì, c'è quasi tutto.

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20.6.08

In un Mare di libri


Per chi fosse dalle parti di Rimini, domenica alle 18 ai Musei comunali sono stato invitato a moderare una chiacchierata tra Paolo Giordano, autore di La solitudine dei numeri primi, e Mattia Signorini, autore di Lontano da ogni cosa. Mi sembra un'ottima opportunità per conversare (a pagamento) di letteratura, adolescenti, giovani e premio Strega. Il tema è Solitudine e lontananze: nuovi romanzi di formazione. Cercherò il modo di non rendere troppo pesante l'appuntamento, a poche ore da... Italia-Spagna.

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29.5.08

Ricomincio


Ricomincio a scrivere un po' per rabbia e un po' per entusiasmo. Perché un cretino mi ha detto che nel lavoro faccio di tutto per piacere e non ha capito invece che lavoro per trovare qualcosa che mi piaccia, mi dia un brivido, mi faccia brillare lo sguardo dalla curiosità: ciò che lui disdegna. Per fortuna, negli ultimi tempi mi capita spesso di imbattermi in persone e situazioni che mi piacciono, ma non sempre ho l'opportunità e lo spazio per comunicare l'emozione che questi incontri mi procurano.

Giorni fa, ad esempio, ho parlato al telefono con il direttore esecutivo della casa editrice spagnola, Seix Barral, che ha comprato i diritti internazionali di Firmino. Mi ha raccontato la storia della sua scoperta casuale di quello che si sta rivelando un tesoro editoriale: al di là dell'aspetto romanzesco della vicenda (un libro buttato lì su un tavolo da un'agente letteraria che lo definisce un titolo "vecchio e senza speranza", la lettura in una notte e poi la verifica presso grandi scrittori che le danno tutti un parere estremamente positivo), mi ha colpito l'entusiasmo trascinante di questa donna. Mentre ripercorreva per me i giorni e le notti, alzava progressivamente il volume della voce, con una foga che trasmetteva per intero il piacere intenso e profondo di aver capito per prima qualcosa che altri avevano trascurato.

Oggi, invece, ho trascorso un'ora meravigliosa chiacchierando con Roberto Denti, il proprietario della Libreria dei ragazzi. Il pretesto era un'altra intervista, questa volta sui libri di sport per bambini e adolescenti. Bene, ho ricevuto gratuitamente una lezione sulla lettura, sulle ultime generazioni e su quelle vecchie, su Lelio Basso maestro di vita e sull'avere oggi 84 anni, quanti ne avrebbe avuti mio padre se non se ne fosse andato (portando con sé la stessa venerazione per Basso, come per Salvemini e Lombardi) dieci anni fa in un giorno di questi.

Ricomincio, almeno per non dimenticare.

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