Elaborazione grafica di Guido Nestola

21.5.04

Welcome

Per viandanti, è il titolo del blog che Pino Cacucci ha avviato sul sito della Feltrinelli. Leggendo il primo post, Quel 2 dicembre del '43, mio padre..., si coglie la vera ragione intima dell'iniziativa:
Oggi, che mio padre ha smesso di soffrire dopo una lunga malattia, quel ricordo mi torna più vivido che mai, e mi sembra intollerabile che se ne parli così poco, del crimine di guerra di Bari.
Ma ogni guerra è un crimine, e lascia in eredità orrore per svariate generazioni.



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20.5.04

Solo referenziati

Tanti anni fa, la prima domanda era: "Ma il bagno è sul ballatoio?". Poi arrivò la condizione: "Solo per non residenti". Oggi, sui muri di via Zamboni a Bologna, ho letto:
Affittasi stanza in bilocale - Connessione Fastweb


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18.5.04

Torino - 3 / Blog, post-blog, blog post mortem

Dal 3 maggio, debbo una risposta a Massimo Mantellini che, anche dopo quella data (quando abbiamo partecipato a un pomeriggio di studi organizzato dallo Iulm), si è posto una domanda:
Perché in Italia non si discute seriamente dei blogger?
Questione legittima, non solo considerata la grande attenzione dedicata al fenomeno negli Usa, ma anche a seguito di alcuni eventi e situazioni verificatisi nelle scorse settimane. Tra questi, comprendo anche il mio intervento allo Iulm, forse un po' cabarettistico, di sicuro volutamente leggero, superficiale, non-scientifico: più avanti si capirà perché. E soprattutto l'ormai famoso Trenino Situazionista (TS), improvvisatto a Torino durante il dibattito sui Post-blog organizzato da Carlo Infante - artefice di Performing Media - alla Fiera del libro di Torino, di cui hanno scritto e discusso in tanti.

Credo che la risposta a Massimo stia proprio in quel TS. Almeno per il modo in cui l'ho intepretato io, che ero l'ultimo vagone. Infante, commentando qualche giorno più tardi, l'ha definita "ossessione di appartenenza a qualche tribù". Io non mi sento d'appartenere a nessuno, non sono fuoridalcoro per caso, né alla Scuola milanese né ai promotori di iniziative, comunque molto apprezzabili, come il Blogrodeo, che intendono il blogging come espressione e ricerca di uno stile (più o meno) letterario. Peraltro, non ero a Torino per partecipare al convegno, ma perché inviato dal mio giornale a cercare spunti da (non) pubblicare. Ma quando mi sono trovato di fronte al palchetto di Fahreneit e poi in mezzo allo Spazio Giovani, ho provato una sensazione di rigetto.

Non mi infastidivano tanto il trombonismo o la retorica, tipici di certo accademismo che vuol mostrarsi alternativo e invece ripercorre le stesse strade tradizionali, di cui altri si sono lamentati, né il fatto che qualcuno stesse cercando di "impossessarsi" di un fenomeno, per studiarlo, restandone però all'esterno (la stessa Loredana Lipperini, che è stata una delle prime a cogliere aspetti chiave del fenomeno blog in Italia, ha dichiarato immediatamente di non averne uno), osservandolo come si fa davanti a un acquario. Quanto il timore che proprio questi studiosi tentino di applicare al fenomeno propri concetti, precostituiti e non sempre aderenti alla realtà, per autocertificare una capacità di analisi: Infante stesso, ad esempio, insiste sul concetto di viralità, che io interpreto solo come ineluttabilità della diffusione dei blog. Non so, altrimenti, che cosa significhi e che nesso abbia con questo fenomeno!

Il rischio è questo, insomma. Anche perché non tutti hanno la capacità di ammettere con la stessa eleganza di Luca De Biase, ascoltato nel pomeriggio dello Iulm, di essere stati scavalcati a sinistra da un fenomeno che quattro anni fa non aveva neanche lontanamente previsto. E' vero, nel suo Il Mago d'ebiz, (Fazi, 2000 - pgg. 297), De Biase scriveva a pagina 132 e seguenti:
L'espansione incontenibile del trattamento informatico dei dati ha posto le basi per una moltiplicazione dei canali attraverso i quali si accede a una quantità
crescente di informazione: un fenomeno tale da rendere indispensabile un ripensamento del sistema dei media in chiave di personalizzazione, qualità, attenzione alle diversità, alle nicchie di interessi, alle modalità di accessi.
...
La battaglia per l'attenzione non si vince urlando di più, ma usando le parole più giuste. Si vince trovando un'armonica relazione con una comunità.
...
Di sicuro, dei molti che tenteranno di perseguire la conquista dell'attenzione per rivenderla agli inserzionisti pubblicitari, pochissimi avranno successo

Ma in quella analisi rimaneva legato al rapporto tradizionale dall'alto verso il basso fra i media mainstream e la comunità dei lettori. Oggi, invece, la prospettiva è cambiata, è la comunità a produrre informazione, riflessione, personalizzazione, qualità, e ognuno dei suoi membri può trasformarsi in free lance, in un medium in proprio, che, attraverso il "dono" ovvero la fornitura gratuita di contenuti, verrà riconosciuto e ricompensato dal mercato. In che modo, però, non è ancora chiaro.

A questo rischio, se ne aggiunge un altro: il meccanismo di appropriazionee trasfigurazione di cui sopra sta analizzando quasi esclusivamente l'aspetto letterario, lo stile appunto: non a caso, è stato assegnato un premio a Zop, autore di un blog-studio sulle varianti applicate alla rete. Con l'effetto di fermarsi alla superficie, al risultato finale (alle varianti, appunto, o ai virtuosismi di chi compone su richiesta e all'impronta, come in Blogrodeo) e non ai suoi meccanismi di elaborazione.

In Lingua Letteratura Computer (Bollati Boringhieri, 1996 - pgg. 193), Domenico Fiormonte già aveva scritto della capacità del computer, evoluzione della nuova società dell'immagine in contrasto con la tradizionale educazione tipografica, di "interrompere la linearità della lingua scritta". A pagina 72 aveva aggiunto:
La forma che diamo al nostro stile può influire sulle nostre idee più di quanto solitamente ammettiamo. Il Word Processor, modificando tecnicamente già solo le strategie della revisione, modifica profondamente la prassi di un'attività interiorizzata come la scrittura, ovvero il nostro rapporto col pensiero e la sua "scrivibilità".

I blog offrono una straordinaria possibilità di andare oltre questi assunti, di approfondirli, per lo stile e per le origini sociali e psicologiche, considerata l'enorme varietà di temi che essi trattano (altre che il Blog è morto!). Ma questo si può compiere solo dall'interno dell'acquario, pur in mancanza di strumenti scientifici altamente perfezionati o adeguati, ma avendo a disposizione un patrimonio prezioso: l'esperienza quotidiana del fare blog.

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17.5.04

Urban continua

Nuova mail, nuova corsa. Urban continuerà la sua attività e nei prossimi giorni un "general manager" provvederà a "ottimizzare e consolidare i rapporti in essere". Anche per i giornalisti che sarebbero stati licenziati? In questo post del Barbiere della Sera gli ultimi dettagli.

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16.5.04

L'Isola che c'è

Da martedì 18 al 31 maggio, il quartiere Isola, a Milano, si interroga sulla sua memoria e sul suo futuro. Degli eventi programmati dal Teatro Verdi, in via Pastrengo, ne segnalo un paio, per la serie Blog locali:
  • Lo spettacolo 1968, da un progetto di Serena Sinigaglia

  • La memoria e l'emozione - 1970/1975, una mostra fotografica di Uliano Lucas e Carla Cerati

Del programma, fa parte (nella sola serata del 31 maggio) anche 54 dei Wu Ming, musicato dagli YoYo Mundi: non ho ancora capito che nesso abbia, ma è comunque da vedere.

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Torino - 2 / La città

Illuminatissima, ma deserta. Torino, di sera, mi ha dato l'impressione, a tratti anche pericolosa, di uno splendido contenitore che oggi non trova più tutti i mezzi necessari per riempirsi. Un'impressione amara, condizionata anche dal fatto che, prima di partire per la Fiera del libro, avevo visto due film che mi erano piaciuti in maniera particolare proprio perché di quella città avevano rivelato angoli, aspetti, colori e ombre inattesi: uno era stato A+R/Andata e Ritorno con uno strepitoso Libero De Rienzo; l'altro Dopo mezzanotte, delicato come una bomboniera di porcellana. E come una bomboniera, è anche un regalo al cinema: dall'ambientazione nel Museo ospitato nella Mole antonelliana, alle numerose citazioni (Pasotti-Buster Keaton, il menage a trois in omaggio a Jules e Jim, il ladro d'auto, ecc.). Spesso, il cinema va molto oltre la realtà, produce un effetto straordinario di sublimazione che, legandoli a un personaggio o a una storia, trasfigura i luoghi.

P.S.: la cucina del Viteletonné non è assolutamente trasfigurata, la consiglio a chi cerchi un'identità di Torino anche a tavola. Giovane, onesta, senza inutili pretese di grandezza, gustosa e con gusto.

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14.5.04

Urban, no more

Quanti, ogni mese, raccoglievano gratis un po' di immagini, idee e cultura alternativa, dovranno perdere questa abitudine. Urban, il mensile free press distribuito a Milano Roma Bologna e Torino, chiude. Lo ha annunciato all'improvviso l'editore che ha deciso di licenziare l'intera redazione perchè la situazione economica finanziaria si presenta "insostenibile", leggo su una mail inviata mercoledì ai collaboratori vecchi e attuali. Non si sa se il numero di giugno (in avanzata lavorazione) uscirà, né se il giornale continuerà a essere pubblicato grazie a qualcun altro.

E' il destino inevitabile della free press? Non c'è proprio spazio in Italia per qualcosa che non sia paludato, omologato, aggrappato agli editori mainstream?

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11.5.04

Torino - 1 / Il corpo

Rumsfeld non si tocca, i militari nemmeno, figurarsi Bush! Per molto ma molto meno, qualche anno fa un presidente degli Stati Uniti veniva sottoposto a impeachment e gentilmente indotto a dimettersi. Oggi, anche nella patria della grande democrazia il livello dell'indignazione s'è alzato di molto.

Ma non è tanto questo che mi tocca della vicenda delle fotografie ai prigionieri iracheni torturati. E' lo scontro tra civiltà, fedi e abitudini che emerge dallo violazione dei corpi e della cultura che si è sviluppata attorno a essi. L'imam denudato e gettato, come forma di umiliazione, nella cella delle donne. L'aguzzino donna che, come ha scritto Adriano Sofri su Repubblica di domenica, da un lato ci conferma l'idea di un "mondo moderno vissuto da persone antiche", ma dall'altro costringe il nostro occidente avanzato a tacere di fronte all'umiliazione quotidiana di donne sottomesse o fortemente nell'islamismo arretrato. Ha scritto Sofri:
Se andiamo a casa loro, a "liberarli", e ridiamo alla nostra collega fotografa dal bordo della catasta di corpi nudi che abbiamo ammucchiato a botte, avremo ancora il diritto di provare dolore, ma non più provare sgomento, al prossimo 11 settembre.


Giusto. Ma nei giorni scorsi, a Torino, durante la Fiera del libro, ho capito che può esistere una terza via: una liberazione diversa da quella introdotta con la forza dall'Occidente, che si sviluppa da dentro, come le rivoluzioni migliori. L'ha indicata un signore piccino di 63 anni, Rachid Boudjedra, faccia spigolosa e cervello gentile ma dinamico. E' uno scrittore algerino, il cui Cerimoniale è stato appena tradotto e pubblicato dalla casa editrice Epoché, coscienza critica del mondo islamico, per il quale "gli integralisti si trovano in tutti i campi, in tutti i Paesi, ma sono persone malate".

Cerimoniale è stato presentato al Caffé letterario venerdì pomeriggio da Fouad Allam; poi sabato in un breve spazio durante Fahreneit, la trasmissione di Radio 3; dunque, prima che il caso delle fotografie esplodesse in tutto il mondo. Ma già allora Boudjedra aveva espresso alcuni concetti che su Liberazione di sabato sono apparsi anche in forma di intervista.
D. - A proposito dei suoi romanzi si è parlato di una "poetica della sovversione", che spesso attraversa i corpi, passa per la sessualità e il desiderio come ricerca della liberazione. Ma anche come forma d'incontro con l'"altro". E' davvero così?
R. - Penso di essere stato tra i primi a porre il problema del "corpo", della dignità del corpo, della sessualità, nella cultura araba degli ultimi anni. E questo ha provocato anche un grande scandalo, in questo senso ho scritto di uomini e donne che assumono interamente la propria sessualità. Si è trattato di uno sforzo per fare un passo in avanti, per cercare di superare il disprezzo verso le donne e la necessità di celare la propria sessualità, che si vivono in molta parte del mondo arabo. Non si può infatti pensare di essere liberi con la testa se si ha il corpo completamente incatenato, la libertà non può che passare anche per i corpi.

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1.5.04

Bombaroli e non

Scrivo qui, per necessità di spazio, la risposta ai nuovi commenti di Matteo R. sul mio post A volte esagerano e soprattutto sui toni usati da alcuni giornalisti italiani inviati a Tel Aviv per le Final Four di Eurolega. Dunque, Matteo R. cita il Corriere della Sera. E mi chiede se è vero che i controlli posti attorno alla Nokia Arena di Tel Aviv possano assimilarsi a quelli previsti per domani a San Siro. Io parlo per me e per Luca Chiabotti, per la Gazzetta dello Sport insomma, non mi sembra giusto prendere le difese o interpretare altri: noi non abbiamo scritto altro che i numeri che ci sono stati forniti dalla polizia, non abbiamo parlato di finali blindate ma di finali strane. In qualche modo, abbiamo anticipato quello che Carlo Recalcati, il tecnico di Siena, ha affermato con chiarezza: queste finali si giocano per i tifosi, se non ci sono (perché non possono venire, non vogliono venire, non si sentono sicuri abbastanza) quale senso possono avere?

I controlli attorno all'Arena sono effettivamente blindati. Ora scrivo dalla sala stampa, dopo aver superato due metal detector aeroportuali, nei quali, pur avendo un accredito che mi penzola al collo, ho infilato la mia borsa con il pc, il mio cellulare, ecc. L'area, per un raggio di un chilometro, è chiusa, con sbarramenti artificali. Credo che a San Siro la situazione sarà un po' diversa, non tanto perché non ci saranno i metal detector, quanto per la causa dei controlli, i motivi di paura e di preoccupazione. Una cosa è che due tifoserie si scontrino; un'altra è che terroristi possano piazzare un'auto-bomba vicino al palasport o un kamikaze possa farsi saltare in aria in mezzo a migliaia di persone.

La sostanza è questa. Non gli strumenti, ma la causa. Posso dire, ad esempio, che Tel Aviv è bellissima, calda, anzi bollente (ho preso il sole per due ore, stamattina, e la mia pelle è diventata violetta). Per tutta la mattinata, in uno spiazzo davanti al mare, un centinaio di persone hanno ballato con apparente leggerezza e serenità come allievi di una scuola di danza: una specie di Sardana all'israeliana. L'ambiente era tranquillo, spensierato. Alle mie spalle, c'erano due poliziotti con i mitra che controllavano la spiaggia. Li ho visti e ho pensato che a 80 chilometri da lì stanno costruendo un muro, oltre il quale i palestinesi non possono andare; che a 100 ci sono check point che impediscono ai palestinesi di attraversare la strada, come una giornalista italiana racconta in un libro, se non sbaglio il cui titolo è Ho sposato un palestinese, di cui ho sentito parlare in radio qualche tempo fa e come fa intuire Lia nel commento al post su Referendum e felafel. Insomma, il problema è molto ampio, complesso, e non si riduce allo schieramento di polizia attorno a un palazzo dello sport.

I bombaroli tra i giornalisti esistono e non posso fermarli. Io provo a raccontare tutto. Con passione e onestà. Degli altri, non so.

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