Elaborazione grafica di Guido Nestola

24.6.04

Loro sono avanti

Un'aggiunta significativa al post di ieri sul rapporto tra blog e informazione sportiva. Oggi, a poche ore dalle scelte delle matricole (il draft, per gli specialisti), la Nba ha lanciato un blog, anzi The Draft Blog. L'intento è quello di seguire chiamata per chiamata, rumor per rumor, immagine per immagine, la cerimonia-spettacolo della selezione dei futuri talenti. E' tenuto da Rob Peterson, di Nba.com, che aveva già compilato il blog dell'All Star Game e fa parte di quella che un po' pomposamente viene definita la famiglia dei blogger della Lega professionistica americana di basket. Tutto quanto fa spettacolo.

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Bianciardi, lo sport e un'orchestra senza confini

- Allora, come va?
C. - Mah, pensavo peggio. Temevo d'aver perso il ritmo, di non trovare facilmente lo stimolo. E invece, dieci giorni sono volati via, abbastanza pieni di riflessioni e cose da scrivere.
- Ho visto, ho visto. Hai scritto anche di sport: non avevi giurato che non l'avresti mai fatto?
C. - Hai ragione, ma non ho resistito. A proposito, sai come sono stato definito?
- No. Come?
C. - Un monaco buddista della Regola Sportiva.
- Divertente. E da chi, da un blogger?
C. - No, anzi... Ma... lasciamo stare. Ti prometto che non scriverò più di sport, anche se un po' mi piacerebbe tirar fuori qualche vecchia cosa.
- Scritta da te?
C. - No, da Luciano Bianciardi. E' un mio vecchio pallino che non riesco a trovare il tempo e forse lo stimolo per portare a termine. Vedi, Bianciardi è stato uno degli autori più rilevanti della letteratura italiana degli Anni 60. La vita agra, l'anarchico partito da Grosseto, lo scrittore maudit ucciso dalla cirrosi, il polemista burbero, lo sceneggiatore del Merlo maschio con Lando Buzzanca: lo conoscono tutti così e anche per alcune traduzioni importanti. Ma in pochi lo ricordano come una delle penne più originali del giornalismo sportivo. Negli anni che hanno preceduto la morte, ha collaborato con il Guerin Sportivo: partito con una rubrica stranissima nella penultima pagina (in cui di fatto dialogava attraverso delle finte lettere con attori, scrittori, registi), Gianni Brera lo portò ben presto a pagina 2 e poi gli affidò spesso il pezzo di copertina del giornale. Era tifoso della Fiorentina, cominciò così, ma fino alla fine scrisse di Milan, Inter, Rivera, Herrera e Rocco, con uno stile straordinario di cui Beppe Viola fu assai più tardi epigono. Ma sai qual era la cosa più bella?
- No, dimmelo tu.
C. - Era il clima che si respirava in quel periodo. Ti parla dell'inizio degli Anni 70 e il Guerino organizzò per diverse estati consecutive un Processo al calcio. Riuniva tutti - grandi allenatori, campioni, gente dello spettacolo - a Cesenatico per tre giorni, durante i quali si mangiava, si beveva e si stava insieme come tra vecchi amici uniti dalla stessa passione. Bianciardi era un po' il deus ex machina di quei Processi: erano sue le conoscenze decisive per invitare attori celebri a ricoprire la carica di giurati o addirittura di giudici dei mali del calcio.
- In effetti, una situazione straordinaria, che oggi neanche si immaginerebbe da lontano.
C. - Proprio così. Mi piacerebbe raccontarla in un libro, nel quale la raccolta degli articoli sportivi di Bianciardi (di cui pure si ricordano alcuni bellissimi reportage sull'Olimpiade o su Israele, al seguito di una trasferta della squadra di basket di Cantù) sono un pretesto raffinato e particolare.
- E perché non lo fai? Non mi dirai che nemmeno questo interessa, come accade ai giornali? A proposito, hai un debito con me, ricordi?
C. - Ah sì, quale?
- Mi avevi promesso che mi avresti parlato dell'Orchestra di Piazza Vittorio...
C. - E' vero. Ogni promessa è debito. Queste sono le 23 righe che ho mi sono state chieste dal Magazine del CorSera, accettate e mai pubblicate. Enjoy!
L'anima è Mario Tronco, tastierista degli Avion Travel; il nume tutelare, l'attore Fabrizio Bentivoglio, che al Festival di Cannes ha cantato con loro una ballad in spagnolo di sua composizione. Ma ormai da un anno l'Orchestra di Piazza Vittorio, esperimento unico di integrazione nel cuore multietnico di Roma, l'Esquilino, vive di musica propria, che ora si può ascoltare in un cd, in uscita a giorni.
La band è composta da 15 musicisti di 11 Paesi, alcuni presi dalla strada e con origini d'ogni tipo. Senegalesi, cubani, un cantante sufi diplomato al conservatorio, un ecuadoriano che non leggeva lo spartito e un romeno virtuoso di cymbalon che lavava vetri davanti ai semafori e ora suona con Moni Ovadia. Il repertorio - canti tradizionali, religiosi, d'amore, con una ritmica trascinante - è così eterogeneo, che è difficile da definire. Etnoworld, pop, folk? La risposta è in "Sahara Blues", in cui Ziad Trabelsi, un tunisino che ha fatto il cameriere e di recente ha accompagnato Elisabetta Pozzi in teatro, suona l'oud come un chitarrista di James Brown.
"Questo gruppo trova forza ideale negli spettacoli dal vivo", dice Tronco. E infatti il disco si sarebbe dovuto registrare a novembre, in due concerti organizzati per raccogliere fondi per un ambulatorio. Ma il progetto saltò all'ultimo momento: mancavano i due musicisti indiani, bloccati a Jaipur, in attesa del permesso di soggiorno.


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23.6.04

Così, per sport

Prima che mi cacciassero definitivamente,
ho accettato la proposta di un quotidiano di Bilbao:
si trattava di fare l'inviato sportivo per il Tour de France.
Figurati... in quel momento, ero convinto
che
manubrio e pedale fossero i nomi di due ciclisti italiani...
Però riuscii a cavarmela.

Paco Ignacio Taibo I a Pino Cacucci



Caro Antonio,
ho riflettuto a lungo (e si nota dal ritardo...) sull'opportunità di rispondere alla tua "chiamata in correo" sui rapporti fra blog, sport e informazione sportiva. Avrei evitato volentieri, per non tediare troppo, ma durante la riflessione alcuni accadimenti hanno agitato le mie acque interiori, facendo diventare più urgenti alcune considerazioni.

Quali accadimenti? Per primo, il messaggio di Oriana Fallaci a Totti, dopo il famoso sputo a Poulsen in Italia-Danimarca, pubblicato con evidenza sabato dalla Gazzetta dello Sport, che ho trovato sgradevole. Il giorno successivo, la redazione ha sentito la necessità di esprimere una presa di distanze in un breve comunicato approvato da oltre 60 redattori con 2 soli voti contrari e 3 astenuti, alla cui stesura ho contribuito in maniera sostanziale. La Fallaci non solo incitava alla violenza, all'intolleranza nei confronti dell'avversario, ma soprattutto alla mancanza di rispetto per le regole sportive e di convivenza civile. Un'assurdità, tanto più se pubblicato su un giornale che non ha solo fatto dell'opposto di quelle affermazioni una base etica su cui fondare il proprio lavoro, ma soprattutto assolve a una funzione pedagogica. Lavoro in quel giornale da 15 anni e ho conosciuto, accidentalmente, direttamente o indirettamente, centinaia di lettori: molti sono giovanissimi; la stragrande maggioranza è composta da tifosi che la domenica si ritrovano negli stadi; quasi tutti considerano lo sport come una parte fondamentale della propria vita, molto più di quanto siano la politica, l'arte o i viaggi.

L'altro accadimento è la presa di posizione assunta da Bobo Vieri nella conferenza stampa di domenica. Costui si è dichiarato in pratica uno dei pochi uomini veri del pianeta, in un conato di machismo d'altri tempi, in mezzo a un mondo di giornalisti quaquaraquà, di pagliacci senza coscienza che godono a ficcanasare nella vita privata di personaggi senza macchia.

Sputi e urla, insomma, altro che epica, etica, "attrito del reale" come dici mirabilmente tu. La realtà, temo sia un'altra. E, proprio in quanto consapevole di questo dato di fatto, ho cercato di rinviare a lungo una risposta al tuo post sullo Sport. L'eroismo, lo rimarca lucidamente anche Leonardo, appartiene a un altro tempo. Ma proprio per questo rischia di essere mitizzato, di diventare l'oggetto di commoventi piéces teatrali, come quelle dei Teatri dello Sport in scena in questi giorni a Milano, che parola dopo parola rischiano di perdere pericolosamente il contatto con la realtà. Perché sì, meravigliosi erano i tempi in cui Bruno Conti era un uomo e Gigi Meroni un artista del pallone, ma quelli erano anche i tempi in cui i calciatori assumevano sostanze dopanti e s'esponevano, ignoranti o quasi, al pericolo di cadere nella terribile trappola del morbo di Gehrig. Formidabili erano quegli anni in cui Garrincha faceva cascare il mondo di fronte alla sua finta poliomielitica, eppure ciò malgrado non è riuscito ad abbattere la barriera dell'incultura e della povertà accanto alle quali è morto.

Temo che oggi lo sport abbia perso molto della dimensione "umana" a cui tu vuoi rimanere legato, ma sia ormai in prevalenza il frutto di un immenso mercato. Intendendo con questa parola il business, gli sponsor, i procuratori, il mercato dei corpi e dei risultati. Il destino, spesso, si decide in laboratori, scientifici ma anche di soluzioni marketing, nei quali c'è ben poco di eroico e gli atleti sono spesso scelti per fotogenicità o disponibilità ad accettare qualsiasi trattamento pur di raggiungere notorietà e ricchezza. Perfino la tua "palla che rotola" cambia continuamente forme, materiali, a volte dimensioni, risultando a volte intrattabile, come dire: poco rotolabile.

E anche quando si è cercato di preservare quella dimensione "umana", di estrapolarla dal contesto, devo dire che i risultati non sono stati certo confortanti. Pur essendomi espresso contro la scelta di pubblicare la letterina della Fallaci a Totti, sono tra quelli che hanno condiviso la svolta editoriale della Gazzetta impressa dalla direzione di Calabrese. Abbiamo scelto di raccontare molte storie di sport, cercando di andarle a pescare là dove le telecamere onnipresenti e infide non arrivano per pigrizia o scarso interesse. Abbiamo scoperto personaggi nuovi, li abbiamo descritti in una forma diversa da quella imbalsamata, tipica di certo giornalismo sportivo in voga vent'anni fa: senza inutili "brerismi", ma con una curiosità, un'attenzione e anche uno stile originali, freschi, giovani ma senza eccessi di fenomenismo. Talvolta abbiamo anche messo da parte i risultati, la cronaca spicciola, i numeri e le statistiche, attirandoci gli strali dei tradizionalisti. Ebbene, non abbiamo aumentato le vendite di una copia e non abbiamo modificato di un millimetro la nostra posizione nella considerazione generale del pubblico.

Forse continuiamo a essere per molti "La Bibbia dello Sport", ma temo che questo non equivalga esattamente al "predominio culturale" a cui tu alludi, "per cui una notizia sportiva o è sulla Gazzetta o non esiste". In questo, credo che l'informazione sportiva paghi un paradosso. Da un lato, di sport (e di calcio in modo particolare) può parlare chiunque: non oso immaginare la quantità di discussioni d'ufficio o da bar che l'eliminazione dell'Italia dagli Europei scatenerà nei prossimi giorni. Dall'altro, però, di sport (di ciò che non è calcio, in modo particolare) non possono parlare o scrivere tutti: richiede una conoscenza specifica, più d'un minimo di rudimenti tecnici, è terreno per specialisti della materia. In più, lo sport è diffuso, non si svolge in un solo luogo: lo stesso sito della Gazzetta ha scelto di selezionare gli avvenimenti e le discipline da coprire.

In generale, trovo che Steve Outing, partendo dall'esperimento della "Blog Only News Diet" fatta da Steve Rubel (nella foto), abbia dato una risposta esaustiva sulle potenzialità giornalistiche dei blog:
They (i blog) provide a reasonable, but far from perfect, entry point nto the news space, better at offering commentary and starting conversations than serving a current-events-indicator role.


In particolare, Outing ha trovato per lo sport sui blog uno spazio di nicchia, un concetto molto simile a quello dei blog locali e personali di cui parlava qualche mese fa Giuseppe Granieri:
An enterprising blogger/journalist could do well by figuring out how to own a topic -- blogging the Tour de France, or Wimbledon, for instance. We're early enough in the game that bloggers with talent and some marketing smarts can become the primary entry point for people looking to stay current on niche topics.


Ora, non so quanti blogger/giornalisti intraprendenti, ovviamente free lance, abbiano finanze e tempo per seguire il Tour o assistere a Wimbledon. Ma anch'io penso che possa esserci spazio perché i blog sportivi occupino delle nicchie. Occupandomi di basket ogni giorno, cito alcuni casi che già esistono e sono sufficientemente indicativi dello spettro abbastanza ampio di possibilità:
  • Piemonte basket o Marcabasket: blog di informazione locale-regionale che danno notizie dell'attività agonistica di ogni genere, dalla giovanile alla professionistica.

  • Io e l'Olimpia o tutti i blog di tifosi individuali o organizzati di squadre

  • The Voice-Flavio Tranquillo: il blog del telecronista di fama che commenta, analizza, risponde alle mail sulla Nba e annuncia le novità sulla programmazione televisiva


I primi fanno giornalismo, il secondo fa appartenenza, il secondo fa opinione condivisa. Credo che manchi un quarto tipo di blog, che potrebbe proprio espressione di un sito-giornale come quello della Gazzetta: un sito di supporto. Con questo, intendo sia un blog tenuto da una o più firme di riferimento del quotidiano, sia (soprattutto) i blog a cura di campioni sportivi. In entrambi i casi, si potrebbe ottenere un rapporto molto più diretto, controllato e utile con i lettori-utenti di quanto non riescano a garantire i forum, che peraltro sono stati notevolmente ridotti negli ultimi tempi. Durante un'Olimpiade, ad esempio, credo che il blog possa essere una forma di comunicazione privilegiata tra gli sportivi e tifosi o i semplici appassionati.

Forse ci arriveremo, chissà. Anche se dubito che riusciremo a toccare l'apice che ho scoperto qualche giorno fa. Mark Cuban, il proprietario dei Dallas Mavericks, una delle migliori squadre Nba delle ultime due stagioni, ha un proprio blog sul quale scrive di tutto, dalle regole auree per prendere decisioni di successo alle strategie per costruire la squadra per il prossimo anno. Cuban è diventato miliardario sviluppando applicazioni tecnologiche: lo si capisce anche dal livello altissimo del suo blog quanto a feed Rss, link e ammennicoli vari. Bene, Antonio, riesci anche solo per un attimo a immaginare che qualcosa del genere possa accadere in Italia, con un Gaucci, un Sensi o un Moratti?

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22.6.04

Fessi e dilettanti

Amici, è arrivato il momento in cui ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. Dopo la sacrosanta denuncia del premier Silvio Berlusconi sulle indegnità commesse nei seggi al momento dello spoglio delle schede da parte dei professionisti del crimine sovietico, sento di non poter più tacere. E mi autodenuncio.

Anch'io, sì anch'io ho truccato la mia scheda, rendendo irregolare l'esito delle elezioni di domenica scorsa: ho votato Uniti per l'Ulivo, anziché Forza Italia, come avremmo tutti dovuto fare nel rispetto di un principio di democrazia assoluta. Un gesto che si può commentare con una sola parola: Vergogna!

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16.6.04

La fine che si fa

- E così, mentre i blogger italiani discutevano e si studiavano, tu sei rimasto a casa a coltivare il tuo orticello... Si può sapere che cos'hai fatto in tutto questo tempo?

C. - Beh, ho visto molte cose, ne ho lette altre...

- Come Nanni Moretti!

C. - No, di più... Nel senso che ho visto un po' di buon teatro, qualche buon film; ho trovato dei buoni libri. E ho messo tutto insieme.

- In che senso, hai messo tutto insieme?

C. - Li ho collegati tra loro, ho creato delle associazioni tra un film, un libro, un articolo di giornale e un balletto. Se vuoi, ho fatto degli ipertesti

- Mmhh. Fammi un esempio.

C. - Un mese fa ho letto un'intervista con Toni Servillo, l'attore. Mi era piaciuto tanto in Sabato, domenica e lunedì, a teatro lo scorso anno. Di recente, ha recitato in Le conseguenze dell'amore, se non sbaglio l'unico film italiano in concorso al Festival di Cannes. A una domanda, risponde così: Il teatro non è un luogo dove l'ego si espande. Sul palcoscenico, tutto si universalizza. E' la ricetta della sobrietà, della misura e nello stesso tempo della profonda espressività. Mi ha ricordato l'ultimo Baryshnikov, che avevo visto tre o quattro anni fa al Carlo Felice di Genova. Poi mi è tornata alla mente guardando danzare Massimo Murru, l'etoile della Scala, in un'entusiasmante Sagra della Primavera con la coreografia di Bejart e accanto a Sylvie Guillem. Murru era all'esordio nel ruolo: mi è parso misurato, naturale, nel senso di sinceramente spontaneo, come fosse diretta emanazione dalle viscere della terra, senza enfasi inutile, equilibrato ma pieno di energia e straordinaria forza interpretativa. Infine, quella stessa ricetta l'ho ritrovata nella recitazione di Franco Branciaroli, unica perlina di una maratona, a tratti soporifera, a cui ho assistito alla Cavallerizza Reale di Torino: La Peste di Camus, regia di Caudio Longhi. Era l'unico attore capace di tenere sotto controllo l'espandione dell'ego che gli allievi della ex Scuola di Ronconi s'erano invece spalmati addosso prima di entrare in scena: sopra le righe, tutti un sospiro, un fiatone, una sincope, un'impostazione estema, per non parlare di un Warner Bentivegna all'antica, imbarazzante nel suo vomitare l'anima colpita dalla peste, così realistico da risultare macchiettistico.

- E poi?

C. - Beh. Poi ho visto L'odore del sangue, il film che Mario Martone ha tratto dal romanzo postumo di Goffredo Parise. L'ho trovato così pesantemente voyeuristico, decadente, inutile insomma, da chiedermi perché un regista come Martone, che mi era piaciuto in teatro in un Edipo illuminato dal Tiresia di Carlo Cecchi qualche anno fa all'Argentina di Roma e ancora al cinema nell'Amore molesto, avesse sentisse il bisogno di realizzarlo. Ho trovato la risposta in un libricino delizioso, Il fucile da caccia: è la storia ugualmente contorta e corrotta di un amore, anzi di più amori, che si intreccia e poi si svolge con un'esplosione di imprevisti sotto l'apparente superficie di una ordinaria moralità. Un romanzo perfetto, in forma di tre lettere e nel segno di un immenso turbamento. Un piccolo capolavoro.

- Vai pure avanti.

C. - Sempre al cinema, ho visto il Siero della vanità. Non amo i thriller con troppo sangue e sono uscito alla fine del primo tempo. Ho preferito tornare a casa e leggere Si è suicidato il Che, l'ultimo giallo di Petros Markaris, pubblicato da Bompiani, che si sviluppa proprio da un suicidio televisivo e coinvolge personaggi famosi nel mondo politico greco, accomunati da una tragica fine (tutti suicidi in pubblico) ma soprattutto da un segreto che non sono riusciti a nascondere. In realtà, non amo nemmno i gialli, ma per Markaris ho fatto uno strappo alle abitudini: l'ho intervistato a lungo alla Fiera del libro e mi è piaciuta la sua genuinità del tutto priva di affettazione. Sentendolo parlare, in un inglese perfetto essendo il traduttore dei principali giallisti internazionali, da Simenon ad Agatha Christie, avevo l'impressione di avere di fronte uno di quegli uomini che mangiano in cucina sulle tovaglie di plastica e fiori, che beve rumorosamente del vino sfuso e spezza il pane con le mani unte per offrirtene un pezzo.
E' la stessa commovente genuinità di un altro scrittore greco, Aris Fakinos, di cui ho letto Vita rubata, pubblicato da Crocetti. Fakinos, a differenza di Markaris, è morto nel '98, ma in quel libro, il secondo di due opere in cui ha riscritto in forma di fiction la storia della Grecia, ci sono emozioni, vibrazioni, concetti estremamente vivi. E' la storia di una generazione di sconfitti, la storia della sinistra greca, perseguitata prima dai nazisti e poi da chi di questi ha preso il posto, senza soluzione di continuità: un destino così paradossale e assurdo, da sembrare inverosimile.

- E questo a che cosa lo hai "associato"?

C. - A 1968, la piéce di Serena Sinigaglia che ho visto al Teatro Verdi. Una rilettura da parte di una intellettuale poco più che trentenne di un periodo molto importante della vita sociale del mondo, un po' libresco, didascalico, non sempre originale (la scena era costituita da banchi di scuola sui quali erano applicate delle sedie, in tutto simile alle sedie e ai mobili sovrapposti del Viaggio a Reims di Ronconi che ho visto diversi anni fa al Rossini Opera Festival di Pesaro), ma comunque sincero.

- Insomma, non ti è piaciuto molto.

C. - Diciamo che non mi è piaciuto quanto il libro, pieno di un fascino dolente. Devo ammettere, comunque, che in questo periodo ho visto pochissimi capolavori, tra diverse buona cose. Una, per esempio, è stata I diari della motocicletta. Il rischio era quello di tratteggiare del Che in formazione un profilo già politicamente molto avanzato e corretto: mi sembra, invece, che la misura sia stata sempre rispettata e che il film abbia rappresentato la progressiva apertura degli occhi e del cuore di combattente di Guevara di pari passo con le tappe del suo viaggio con Granado. In particolare, l'espressività delle istantanee in bianco-nero scattate nel finale a certi gruppi in esterno mi è piaciuta tanto e la ritrovo in questi giorni mentre leggo Camminando di Pino Cacucci. Non è facile raccontare il Sudamerica, per immagini e per biografie, credo che si rischi sempre di sprofondare nella retorica, nello stereotipo: Salles e Cacucci non lo fanno mai e già questo mi sembra un eccellente risultato.

- ...

C. - A tutto questo si aggiungono alcune meraviglie assolute, come il pianoforte di Gonzalo Rubalcaba (lo definiscono un Keith Jarrett dei Caraibi, mi chiedo perché mortificare un talento così grande con un paragone), di struggente tenerezza, ascoltato al Blue Note, e poi incontri belli e importanti. Come quello con l'Orchestra di Piazza Vittorio: sono stato ospitato ad ascoltare un pomeriggio di prove, per poterne scrivere qualcosa in occasione dell'uscito del primo cd autoprodotto e autodistribuito. Credimi, un'esperienza bellissima. Così bella, che nessun giornale ha voluto che ne facessi niente! Se vuoi, però, di questo ti scrivo un'altra volta. Tanto, per il momento sono ritornato.

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14.6.04

Usabilità elettorale

Corriere.it sta vincendo nettamente il confronto con Repubblica.it sulle elezioni. L'home page è la tabella delle percentuali aggiornate, il link alle Altre notizie fa aprire una pop up con la stessa tabella. Su Repubblica, dopo alcuni minuti di studio (ho cliccato su una quantità di link, letto tutti i testi di home page, ecc.) non ho capito come fare a raggiungere i risultati.

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Eqquequà

Come temevo, il risveglio è stato più duro della buonanotte. I dati reali, alla fine, sono più crudi di quelli virtuali, in effetti molto vicini alla realtà già con la quarta proiezione Nexus della notte. Uniti per l'Ulivo resta poco oltre il 31%, come nel '01; Forza Italia crolla (ma chi avrà il coraggio di ammetterlo?), ma recuperano Alleanza Nazionale e Udc.
Insomma, il Paese è lo stesso: moderato e con una tremenda ineluttabile nostalgia, non più solo di un altroieri in cui i treni arrivavano in orario, ma ora anche di uno ieri in cui i treni avevano già mezz'ora di ritardo alla partenza.

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Voti virtuali, voti reali

Sono le due passate e vado a nanna con il 35.1% dei voti per Uniti per l'Ulivo e il 19.5% per Forza Italia. Voti reali, quelli che risultano dallo spoglio reale di oltre 10mila seggi su oltre 60mila, insomma un sesto reale degli italiani.

Gli exit poll e le proiezioni di Nexus continuano a dare il 31.1% all'Ulivo e il 21.5 a FI, e purtroppo per tutte le reti televisive valgono questi numeri e su questi continuano a tenere in piedi il teatro delle ombre. Vespa, dei voti reali, non ha ancora fornito un solo dato in tutta la serata. Mentana, che ha ingaggiato un testa a testa con Fassino sul modo in cui le cifre sono state trattate dalle 22.30 in poi, li ha citati ma di sghimbescio. Curiosamente ha affermato prima che "i dati affluiscono in maniera casuale"; immediatamente dopo, avendone verificato la portata, ha sottolineato che "in generale, i primi seggi a essere scrutinati sono quelli dell'Emilia Romagna, tradizionalmente terra del Centrosinistra".

Mi verrebbe da dire che vado a nanna nella speranza di svegliarmi in un Paese diverso. Ma non ne sarei così sicuro.

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11.6.04

Se esisto, fatemelo sapere

Per una volta, non ci stavo pensando su. Avevo semplicemente deciso di fare come mi andava. E mi andava che il blog mi stava un po' scivolando via, smarrito tra una finale scudetto, una recensione teatrale, una scuola di circo, film, libri, suppellettili, verba volant, Moratti e perfino Galliani. Insomma, non scrivevo quassù dal 21 di maggio e, in pratica, se n'era accorta soltanto la mamma di un bambino meraviglioso che si chiama Fabrizio. E quasi non ne sentivo la mancanza. Ho detto quasi, perché ogni tanto andavo a sbirciare, a vedere se per caso sui mobili si fosse accumulata della polvere, se c'era da aprire le finestre per far prendere aria che tra poco arriva l'estate, Dio che umidità qui dentro.

Mi sentivo a mezz'aria, come se stessi per chiudere questa baracchina, per esaurimento di scorte. Quando mi investe l'ennesimo potere della Rete: la riesumazione del cadavere. Mentre Fuoridalcoro sta per spirare, di lui si parla come di un soggetto vivente e pensante, in qualche caso perfino protagonista di situazioni paradossali.

Prima Lello Voce, columnist dell'Unità, mi cita (via Herzog) per una rubrica intera sul giornale del 6 giugno per capovolgere virtualmente il mio intervento in preparazione di Culture digitali. Riprende la mia metafora dell'acquario, un po' la stravolge, ma alla fine coglie la sostanza che mi interessava esprimere e la esplicita meglio di quanto abbia fatto io.
Diciamo, piuttosto, che alle analisi esterne dovremmo affiancare letture 'interne' efficaci, capaci di smascherare quanto deve essere smascherato, o di dialogare con quanto di interessante proviene da fuori, scrive Voce e in buona parte ci sta, anche se è proprio il concetto di smascheramento che mi va di traverso, perché attribuisce agli analisti esterne il potere di analizzare, un potere troppo grande, spesso costruito a tavolino.

Poi Antonino Sofi, sul suo bel Webgol, mi tira per le unghie scrivendo di blog e informazione sportiva e chiedendomi un commento. Spero abbia pazienza almeno il fine settimana e proverò a scriverglielo. Ma dico io: uno decide di non andare a Napoli appositamente per evitare di parlare di certe cose e poi gli tirano le imboscate?! Mah.

Infine, e qui la cosa è proprio divertente, la salma-blog si ritrova tra gli aderenti già sicuri e garantiti al Blog Live, dentro il Festival di Poesia per Genova 2004. Insieme a tanta bellissima gente, inutile anche dirlo, ma se solo ne avessi saputo qualcosa prima di essere inserito in quell'elenco non sarebbe stato meglio?

La conclusione è quella che si vede: Un'improvvisa botta di vita, un bofonchio inconsulto, uno spasmo. Esisto ancora, anche se non me ne ero accorto.

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Pubblicità per il progresso

Se Fede ha fatto l'uomo-sandwich, io ho un ottimo passato da Fantasma-Formaggino. Quindi, mi associo molto volentieri all'invito del signore barbuto qui accanto:

:: Il 12 e 13 giugno, se il mio programma vi convince, votate per il centrosinistra

Il 12 e il 13 giugno i cittadini bolognesi sono chiamati a votare per la costituzione del parlamento europeo, per la Provincia, il Comune e i quartieri della loro città. È opportuno che sia una scelta consapevole, fatta sulla base dei programmi dei diversi schieramenti.

Noi abbiamo presentato il nostro per tempo. È un programma che ha come obiettivo quello di riportare Bologna a essere una città importante in Europa e nel mondo, di farla crescere e sviluppare in modo tale che la ricchezza qui creata diventi la somma di risorse da utilizzare per dare benessere e protezione ai cittadini bolognesi.

Se il nostro programma vi convince, votate per me come sindaco e per uno qualsiasi dei partiti della coalizione, quello che risponde di più alla vostra storia, alla vostra identità, alla vostra idea di mondo. È importante essere coerenti: votate per il candidato sindaco che preferite e per uno dei partiti che lo sostengono.

Mi raccomando. Il 12 e 13 giugno è importante.

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