Elaborazione grafica di Guido Nestola

26.7.04

A cosa serve Atene

Copertine, inserti speciali, trasmissioni originali. L'invasione olimpica è cominciata, ma finora solo Emanuela Audisio ha spiegato il vero significato dei Giochi olimpici che cominciano il 13 agosto, sull'ultimo D di Repubblica con una splendida Lisa Leslie in copertina:
I Giochi servono: per scoprire, ogni quattro anni, che il mondo gioca e scivola in maniera diversa. I Giochi svelano: star, campioni, protagonisti, danno luce a facce e a vite prima in ombra. I Giochi creano: personaggi, popolarità, futuro. Confermano che la donna è cresciuta e che l'uomo cerca ancora una nuova frontiera. Improvvisamente nulla è come prima. I Giochi servono: a cambiare gerarchie, ad accettare diversità, a capire che il mondo si trasforma.


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22.7.04

Carlo Giuliani: ricordi e dimenticanze

Martedì ero a Genova, in vacanza. Soltanto passeggiando per le vie di Sampierdarena, ascoltando il vociare di qualche ragazzo, nel tardo pomeriggio mi è tornato alla memoria che tre anni fa, durante il G8, è stato ucciso Carlo Giuliani. Molti, forse troppi, come me possono aver dimenticato, ma nelle pagine del Lavoro, di fatto la cronaca locale di Repubblica, ho trovato un coraggioso riferimento a quest'altra coraggiosa ricostruzione di un fatto sul quale molti altri, forse troppi, hanno sorvolato.

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16.7.04

Finalmente Blogger

Nuovi tools in Blogger.com. La cosa più interessante mi sembra la possibilità di aggiornare tempo e data di un post. E poi la doppia versione Html e composizione, con combinazione rapida dei tasti. Se avevo qualche dubbio sull'opportunità di far fare un viaggetto nei prossimi giorni anche al mio portatile, adesso li ho sciolti del tutto... 

 

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12.7.04

Miti in liquidazione

L'ho visto per la prima volta venerdì. Sulle prime, ho pensato a uno scherzo; poi, a un errore di stampa. Facevo fatica ad avvicinarmi. Era il nuovo Times, formato compact, praticamente un tabloid anche se non si può dire per non confonderlo con i tabloid classici britannici, quelli dallo scandalo pronto e dalla tettina facile nelle pagine interne, che ha sostituito il classico formato lenzuolo. L'edizione di venerdì aveva 88 pagine, più leggibili e accattivanti della vecchia versione, malgrado negli ultimi anni il Times avesse subito alcuni restyling. Dentro, Brian MacArthur spiegava che nel mese di giugno, da quando cioé si è passati al nuovo formato con The Independent, le copie vendute sono aumentate rispetto allo stesso mese dell'anno scorso, in questa proporzione:

MeseM. copie vend.+ / -
Giugno '03631.000-72.000 (10%)
Giugno '04661.000+30.000 (5%)
Secondo alcune ricerche di mercato, il 9% dei lettori del compact sono nuovi lettori del Times che leggono solo quel formato; il 12% di non lettori del Times dice ora di essere più interessato a leggerlo; la metà dei lettori del Times compact ha un'età compresa fra i 25 e i 44 anni, il 60% ha un lavoro a tempo pieno e il 40% lavora nel settore dell'economia.

Sfogliandolo, ho scoperto che anche un altro mito è crollato. Dal 29 aprile si è cominciato a mandare in pensione i tradizionali bus londinesi a due piani. Dalla fine degli Anni 50 erano tra i simboli della città, con il Big Ben, Trafalgar Square, Buckingham Palace, etc. Ma costituivano anche ostacoli insuperabili per portatori di handicap e genitori con carrozzine.

Il primo prototipo è stato costruito nel 1954 (nel fine settimana del 24 e 25 luglio, a Finsbury Park, saranno festeggiati i 50 anni), fino alla decisione della Società dei Trasporti ce n'erano 900 in funzione. Ora i vecchi bus, il cui nome è Routmaster, sono in vendita al pubblico e costano tra 2500 e 9000 sterline, esentasse, essendo stati costruiti più di 25 anni fa.Vaughan Freeman, che è andato a provarne (da fermo) uno, racconta che c'è gente in coda.

Posso immaginarlo facilmente. Qualche anno fa, avevo perso la testa per le Morris Minor Traveller, la macchina che vedete nella foto accanto, la progenitrice della Mini Minor Club, con gli interni (e soprattutto gli esterni) in legno. Feci ricerche su internet e mi imbattei in una incredibile comunità di appassionati. Con un magazine, eventi, raduni e un forum smpre aperto con consigli per la manutenzione e la trasformazione delle vecchie auto in similbolidi. Mi innamorai di un esemplare, costava 5 milioni di lire del '99, e mi aspettava a Edimburgo: contattai via mail il proprietario che mi aiutò anche a trovare posto per assistere al Festival di Musica e Teatro (unii il ... dilettevole al ... dilettevole), dove ascoltai gli strepitosi Christian Zacharias e Frank Peter Zimmermann, un allora emergente Pierre Laurent Aymard e vidi un'indimenticabile Giselle del Cullberg Ballet con la coreografia di Mats Ek.

Il tipo era entusiasta all'idea che un giovane italiano si potesse interessare a un oggetto tipicamente british. Mi mostrò la macchina e fui preso dallo sconforto: era in pessime condizioni, ma il gentile signore, un po' anziano, che l'aveva spinta a braccia fuori dal garage per metterla in evidenza davanti al cottage circondato di fiori mi garantiva che, se avessi imparato a lavorare sul motore e sulla carrozzeria come aveva fatto lui, rimetterla a posto sarebbe stata un gioco da ragazzi. Rinunciai, a malincuore.

Qualche mese più tardi ne incrociai una, dello stesso colore (mi illusi anche che fosse esattamente quella che non avevo comprato) nei pressi della sede del mio giornale. Era tenuta benissimo, aveva gli interni di velluto rosso, non mostrava affatto gli anni. Un uomo si avvicinò, infilò la chiave nella maniglia, aprì lo sportello, entrò, si sedette e accese il motore: era Roberto Vecchioni.

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Cinque cerchi

Oggi ho ritirato il mio accredito per i Giochi olimpici di Atene. Con una certa emozione, lo ammetto. Sarà la mia terza edizione, dopo Atlanta '96 e Sydney 2000, ma Atene '04 l'ho vista crescere, tra le critiche lievi e sorridenti e la rassegnata fiducia (o la fiduciosa rassegnazione) di tanti amici greci che mi fan festa ogni volta che le esigenze del giornale mi porta a incontrarli, qualunque cosa io scriva.

Ho visto spesso da vicino l'avanzamento (o, nella maggior parte dei casi, il ritardo) dei lavori e pochi giorni fa ho consegnato a Sportweek, il magazine settimanale della Gazzetta, l'ultimo servizio sugli impianti: un quadro credo abbastanza obiettivo dello stato dell'arte, complessivamente positivo, non fosse per la consegna dei lavori allo stadio olimpico principale dell'Oaka, a Maroussi, prevista soltanto tre giorni prima della cerimonia di inagurazione.

A quel servizio avrei aggiunto volentieri qualche riferimento a questa analisi corretta e misurata, che ho trovato scorazzando per la rete stasera, secondo la quale i motivi principali dei ritardi sono:
  • I Giochi, da un punto di vista tecnico, sono stati divisi in tre aree geografiche distinte. Questo ha comportato l'assegnazione degli appalti per singoli impianti, impedendo così economie di scala e la possibilità per eventuali sponsor di realizzare accordi trasversali, per più impianti o eventi
  • Fino a luglio 2002, quando il governo l'ha modificata, era in vigore una legge europrotezionista che impediva l'assegnazione dei progetti da parte di ministeri greci a compagnie extra europee: a queste era concessa un ruolo di consulenza che non superasse comunque il 20% dell'importo dell'appalto
  • I tempi previsti non sono mai stati rispettati: ancora a maggio '01, a tre anni dall'inizio dei Giochi, sono state indette 35 gare d'appalto. Scrive Simon Binns che, se l'Olimpiade del 2012 fosse assegnata a Londra, le gare d'appalto comincerebbero nel 2006, quindi 6 anni prima dell'apertura. Ma soprattutto che
    "i lavori sono già cominciati in quello che dovrebbe diventare il principale sito olimpico a Stratford, a Est di Londra".


Propaganda a parte, non stento a crederci. Ma, considerato che la concorrente di Atene, otto anni fa, era Roma, spesso mi chiedo cosa sarebbe stato della nostra capitale se per caso Samaranch avesse mosso i suoi grandi elettori a favore dell'Italia. E chissà cosa sarebbe stato dell'organizzazione della spedizione della Gazzetta che per la Grecia ho curato io in buona parte, con il capo delegazione e un (bravo) membro della segreteria. Oggi, è un grande punto interrogativo, dalla rete interna per il collegamento in Adsl alla possibilità di trovare in qualche impianto un hot spot per la connessione in wi-fi: anche l'idea di risolverlo fa parte della mia emozione.

Saremo in venti inviati, con cinque automobili, cinque motorini, sei telefoni fissi sui principali campi, 25 pc portatili equipaggiati con la scheda wireless, un mini hub per 8 postazioni, un ufficio di 45 metri quadrati messo in piedi in pochi giorni grazie alla solerte disponibilità dei miei amici dell'Ufficio Stampa dell'Athoc. La Repubblica, mi dicono, spedirà alcune delle sue firme più importanti: Bonini e D'Avanzo per fare un po' di casino sulla questione sicurezza (di cui dovrò occuparmi anch'io, avendola seguita dall'inizio), la Di Gregorio per fare pezzi sui personaggi, Gabriele Romagnoli. E poi Emanuela Audisio e le punte dello Sport. Se è vero, sono truppe d'assalto. Prestigiosi compagni di viaggio. Con i quali non so se riuscirò a divertirmi come mi è successo a Sydney, dove ho trascorso alcune serate straordinarie con Gian Antonio Stella, grande inviato del Corriere, e Lanfranco Vaccari, splendida persona ed eccellente giornalista di Esteri ora relegato a dirigere City. Maestri.

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9.7.04

Blogger eccellenti

"Hey, my first blog entry". Michael Moore (sì, lui, il regista americano di Fahreneit 9/11) è uno come noi, anzi uno di noi. E dal 4 luglio ha aperto un weblog

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8.7.04

Miniere

A proposito di sport americani, segnalo questo Sportsblog, un weblog condiviso da una quantità di blogger il cui elenco è reperibile sulla colonna di sinistra. Una enorme finestra aperta.

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Luci - 2

Ci sono poi articoli che s'illuminano di luce propria. L'autore, cioé, è comunque bravo, ma è anche facilitato dal fatto di assistere o di vivere un evento o una situazione piena di suggestioni molto forti. E' il caso dell'ultima puntata della rubrica che Federico Rampini, corrispondente di Repubblica da San Francisco e autore di un blog istituzionale, tiene sulle pagine della cronaca milanese. Domenica 4 luglio trasudava entusiasmo:
Credevamo che la globalizzazione avesse rimpiccolito il pianeta e invece la geografia si prende le sue rivincite. San Franciso che vi sembra così familiare perché è un luogo affollato di memorie letterarie e cinematografiche, in realtà è un mondo lontanissimo, esotico e talvolta misterioso nei suoi riti e costumi quotidiani. E' diventato banale osservare che questa è la società del futuro, perché sforna innovazioni che fanno scuola nel resto del mondo. Crederci è un atto di fede progressista e ottimista. Perché se il nostro futuro è davvero questo, ha un volto seducente e rassicurante. (...) gran parte del fascino di questa città sta anche nel fatti di essere rimasta l'"altra" America, quella dove in un confronto elettorale Michael Moore sconfiggerebbe Bush dieci a zero.

Si può essere o meno filo americani e condividere le tesi di Rampini, ma è indiscutibile la luminosità di queste considerazioni. E, dunque, di San Francisco. Tutto il contrario della cronaca romanzata di Alessandro Zaccuri, autore di Milano, la città di nessuno, di cui scriveva anche Giuseppe Genna: un libro plumbeo, dolente, pieno di morti e fantasmi più o meno eccellenti (da Luciano Bianciardi, protagonista virtuale del lungo racconto che muove dall'incidente dell'aereo da turismo che si conficcò nel Pirellone, sul quale il Corriere sperimentò quello che io considero il vero primo blog di cronaca, a Enrico Mattei; dai 108 morti dell'incidente aereo di Linate a quelli della Baggina, diventata famosa per la direzione di Mario Chiesa, l'apripista di Mani pulite), polvere e fumo. Un libro livido che da la sensazione di una città-palude, apparentemente in progress ma che in realtà ricade su se stessa, implode, non produce quasi più nulla di nuovo, è ben lontana da quel futuro seducente e rassicurante di cui parla Rampini.

Scrive Zaccuri, ad esempio, che gli impiegati percorrono Milano come se fosse un lungo tunnel sotterraneo. E non è detto che non abbiano paura. E poi:
Ecco, in questo Milano è davvero simile a New York o, almeno, alla New York dei pendolari che E.B. White descriveva, alternando pathos e snobismo, in un memorabile saggio del 1949. "Ha pescato nel portafogli di Manhattan e ne ha tirato fuori qualche monetina", scriveva White a proposito dell'uomo che ogni mattina viene a lavorare in città lasciando la sua casetta nei sobborghi. L'analogia però finisce qui perché, subito dopo, White prosegue: "Ma non ha mai ascoltato il respiro di Manhattan, non s'è mai svegliato in un suo mattino, non è mai crollato addormentato nella sua notte". Il respiro. Quale può essere il respiro di Milano, se non l'alitare affannato dei feriti attorno al Pirellone, e in realtà qualcuno ferito non è (se ne accorge perfino Bianciardi), ma soltanto travolto dallo spavento, dalla consapevolezza del dolore, dalla cognizione del dolore.


Il Pirellone è il simbolo della verticalità, della sfida al cielo, considerata una forma di imperialismo culturale e quasi un'imposizione dello stile di vita americano fino a un paio di anni fa, quando si è reso necessario, in senso politico e morale, ricostruire le Torri Gemelle e persino la Biennale dell'architettura le restituì valore artistico. La stessa sfida si ripropone oggi nel progetto che ha appena vinto il concorso per il recupero della Fiera, di cui parla anche B. George: una soluzione antica, che non piace a nessuno, nemmeno alle autorità cittadine, ma che ha il grande pregio di far entrare nelle casse pubbliche più danè dei progetti concorrenti. E che, a proposito dell'implodere e del rimbalzare su se stessa, riporta alla ribalta personaggi come Ligresti (sul quale segnalo questo aggiornamento di Pino Nicotri sul Barbiere della sera), poteri forti e trasversali che si pensava appartenessero a un passato superato, dimenticato, irripetibile. Come dire: a volte ritornano, anzi spesso, e non se ne può proprio fare a meno.

Sono quei poteri trasversali che, a Milano, godono di curiosi privilegi. Qualche giorno fa, mi è capitato di finire di lavorare abbastanza presto e ho deciso in extremis di andare al Teatro Dal Verme ad assistere alla prima serata della Milanesiana, la rassegna della Provincia di Milano curata da Elisabetta Sgarbi. Sono arrivato alle 21.04, l'appuntamento era fissato per le 21. Essendo un evento pubblico, mi sono fiondato verso la sala, ma una maschera mi ha fermato.
Maschera - Mi dispiace, non si può più entrare.
C. - E' già cominciato?
M. - Sì. E non c'è più posto. Ha il bigliettino rosa?
C. - No.
M. - Allora non c'è più posto, mi dispiace.
C. - Ma posso rimanere in piedi, sul fondo.
M. - No, non si può più entrare.
C. - Mi scusi, ma che cos'è il biglietto rosa?
M. - E' un biglietto di invito per entrare.
C. - E dove si prende?
M. - Si ritira in alcuni posti.
C. - Ma non era scritto da nessuna parte.
M. - Perché è un invito, le ho detto.
C. - Ah, capisco. Quindi per chi ha il biglietto di invito, il posto c'è. Per chi non ce l'ha, il posto non c'è. Giusto?
M. - Mi spiace, non può entrare.
C. - Ma non è un evento pubblico? Non è la Provincia che organizza per i cittadini?
M. - Non c'è più posto, le dico.
C. - Certo, certo. Lei non c'entra niente. Le è stato detto di rispondere così.
M. - Grazie.
C. - Prego. Arrivederci.
M. - Buona sera.

La scorsa settimana, invece, ho trovato posto (essendomi anche recato con largo anticipo...) nel giardino della biblioteca di quartiere del Naviglio Pavese per ascoltare Marco Lodoli e i La Crus sul rapporto fra musica e letteratura. Lodoli ha fatto un reading dal suo ultimo libro, I professori e altri professori, una lettera appassionata e sincera su come uno scrittore sceglie di sentirsi diverso: non è un mistero che la sua scrittura mi piaccia moltissimo. Sui La Crus, invece, avevo letto qualcosa; mai, però, avevo sentito un loro brano. L'ho fatto nell'attesa della serata, ascoltando in biblioteca il loro ultimo cd, Ogni cosa che vedo, in cui ho trovato due canzoni dedicate a Milano 2002, Estate e Autunno. E questo testo:

Risate e lacrime è uguale
come momenti qualunque
che reclamano vite
fatte di andare e venire
mangiare, dormire
respirare, morire
in cui niente è abbastanza:
né il mondo né questa stanza

Ogni nuova domanda
si ferma al nodo del cuore
e nel mezzo del sonno
attimi sembrano ore
cosa ci abbiam guadagnato?
quale ne è stato il costo?
cosa abbiamo perduto?
che cosa ne ha preso il posto?

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7.7.04

Luci - 1

Ci sono articoli che hanno una straordinaria chiarezza, tale da illuminare non solo il testo ma anche l'oggetto della scrittura e la mente di chi li legge. Pochi, in verità, e proprio per questo meritano di essere segnalati.

Il primo è di Rossella Battisti, pubblicato dall'Unità di sabato scorso sullo spettacolo che Russel Maliphant, definito "un purosangue inglese che balla come una farfalla", ha presentato alla Biennale Danza di Venezia:
Maliphant appartiene alla nuova generazione, quella che ha già oltrepassato il semplice "meticciato" di arti e stili per approdare a un linguaggio nuovo dove affiorano echi familiari ma la grammatica è inedita. C'è l'impostazione classica ma immersa in una fluidità da modern (...).
Gli piace l'astratto, l'arte del movimento senza un racconto che lo vincoli stretto, ma il dialogo incessante fra corpo e luce diventa una trama concreta, un labirinto da modellare dove il danzatore è un Teseo che piega le pareti di luce e spiana i suoi orizzonti. Un percorso in divenire, da striscia di cartoon o retta geroglifica che si dilata in diagonale e serpentine fino a conquistare tutta la scena. Maliphant la attraversa con passo felpato, da ragazzo sbrigliato, piccolo principe di guerriglie stellari fatte di sciabolate di luce e griglie di raggi
.
La descrizione è estremamente comprensibile ai più, non riservata quindi a un'eletta schiera di interpreti di sottintesi, rimandi e altri richiami. E soprattutto rende quasi visibile lo spettacolo, lo trascrive con la stessa intensità.

Avrei dovuto esserci anch'io quella sera, per veder quel purosangue galoppare nell'aria. Per aspettare inutilmente un battito di cuore che è stato contrabbandato per vero ma non è più esistito, ho rinunciato. La prossima data italiana, però, non la perderò.

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Gmail mania

Ultime ore per l'asta di 7 account di Gmail speciali. Sono infatti intitolate ad alcune delle candidature per l'Olimpiade del 2012 e una anche ai Giochi invernali di Torino 2006. L'idea è geniale (qualcuno aveva già "rubato" l'account di Mosca 2012), perchè potrebbe riservare qualche prospettiva di business, ma ha anche un fondo di solidarietà. Non è ben chiaro quanto, ma una parte delle entrate dell'asta finanzierà le Special Olympics, dedicate agli sportivi disabili.

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5.7.04

Cinquecento

Il post precedente era il numero 500 di questo blog, secondo la contabilità tenuta da Blogger. A volte non guasta sorprendersi di quanto si scriva: non sempre, purtroppo, le parole sono utili.

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Scaricare la cultura

Purtroppo, a differenza di quanto sperava Mantellini in questo post, è una cosa seria. Il ministro Moratti propone per davvero che, per abbattere i costi e ridurre il peso degli zainetti scolastici, i libri di testo siano scaricabili da internet. L'ennesima prova di una superficialità di governo ormai non più accettabile.

Dice bene Franco Carlini sul Manifesto di sabato:
Il libro (...) aiuta a imparare la cosa principale che la scuola dovrebbe insegnare: come trovare le idee disseminate e come organizzarle in mappe mentali. I contenuti dunque hanno sempre una valenza doppia: un valore in sé e un valore di stimolo-obbligo al coordinamento con altri contenuti, magari raccontati in altre forme su altri testi.

E' il concetto di fondo dell'ipertestualità: l'interdisciplinarità. Che un libro, meglio di altri strumenti può offrire, poiché, proprio per la sua condizione materiale, garantisce quello che Carlini definisce "un progetto di comunicazione": un percorso continuo di apprendimento e non un insieme di informazioni, reperibili qua e là, connesse così debolmente fra di loro, da rendersi fruibili solo separatamente, sebbene singolarmente significative.

Una tendenza simile, inoltre, comporta il rischio di delegare alla rete qualsiasi funzione comunicativa. Qualche giorno fa sfogliavo un magazine e mi sono fermato a leggere un pezzullo su un negozio di oggettistica per la cucina (e non solo), Kitchen, aperto da poco a Milano. Mi sembrava di aver visto il logo e anche la vetrina in un rapida passeggiata di qualche tempo prima, ma non ricordavo dove fosse. Sono arrivato in fondo all'articolo, sicuro di trovare l'indirizzo per rinfrescare la memoria ed eventualmente tornare per qualche acquisto: ho trovato soltanto l'url del sito internet; il resto non conta più, anche se è una realtà necessaria.

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4.7.04

Compiti per le vacanze

Predrag Matvejevic su L'Unità, a proposito della nuova edizione del suo Breviario meditteraneo:

Sono dieci anni che sto in Italia e questo Paese che mi ha accolto è un grande promontorio dell'Europa nel mediterraneo ma ho sempre notato che l'italiano, nella maggioranza dei casi, percepisce il mare ma non lo riflette, sente il mare con grande gioia ma non lo ripensa. Nella cultura italiana non ci sono grandi riflessioni sul Mediterraneo; di più nella pittura, nel cinema che non nella letteratura.

Un buon appello che rivolgo ai blogger letterari. Se volete, aspetto segnalazioni, racconti, cose scritte di qualsiasi genere.


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2.7.04

EnJoy

Si intitola Welcome Juventus e in sè l'iniziativa, dare il benvenuto con una festa a una squadra di calcio che sceglie una nuova località (Salice Terme) dove svolgere il ritiro pre-campionato, mi sembra interessante. Mi sembra assurdo, piuttosto, il senso del progetto che si legge nella parte di invito che pubblico qui a fianco:

Il primo parco di intrattenimento al mondo costruito intorno al ritiro di una squadra di calcio.

Una volta, gli zoo contenevano gli animali, i parchi acquatici scivoli sempre più contorti, gli outlet le vetrine dei marchi più importanti. Oggi, al posto dei dinosauri finti ci sono i calciatori.

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Il vuoto

Sarà il vuoto doloroso che avverto a Nord-Est della milza, ma leggere il mio oroscopo scritto da Breszny non mi fa un grande effetto:

Vergine (23 agosto - 22 settembre)
Questo potrebbe essere il punto di svolta di cui i tuoi nipoti parleranno per anni: il momento in cui hai saltato sopra l'abisso per raggiungere l'altra sponda del Grande Divario e hai cominciato a vivere sul serio. D'altra parte, quest'ora della verità potrebbe risolversi semplicemente in un breve risveglio in cui dài un'occhiata a ciò che è possibile dall'altra parte del Grande Divario, ma poi dici a te stessa: "Nooo, troooppo lontano per saltare".

In questo caso, i tuoi nipoti dovranno accontentarsi di parlare di quei biscotti meravigliosi che preparavi o della squadra per cui facevi il tifo. Dipende tutto da quanto sarai audace.

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