Elaborazione grafica di Guido Nestola

28.1.06

Neve

Non uno spazzaneve, né uno spargisale in giro per le strade della città. La moderna amministrazione della moderna città di Milano ha subito le avverse condizioni meteorologiche senza trovare un rimedio, senza applicare il minimo criterio di sopravvivenza. Forse un buon amministratore di condominio avrebbe fatto molto molto meglio di quello che oggi occupa Palazzo Marino. Un motivo in più per far cambiare voto a un po' di milanesi alle prossime elezioni amministrative. Già, ma come? Dopodomani ci sono le primarie tra i quattro candidati della Sinistra: io ho scelto Bruno Ferrante, ma se dovessi spiegare perché, non saprei trovare una risposta convincente.

Questa mattina, mentre mi avvicinavo all'ingresso della fermata Conciliazione del metrò, ho notato un anziano signore barbuto con una coppola chiara in testa e una macchina fotografica stretta tra le mani. Mi osservava, aspettando che mi infilassi nelle scale e gli sgombrassi il campo visivo: era Gianni Berengo Gardin, un maestro della fotografia italiana. Niente spazzaneve? Meglio i maestri.

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24.1.06

Ho risolto il giallo


Scoperto l'arcano dell'aumento di accessi. Naturalmente dipende dal fattore-Grillo: sono stato citato in un commento, il cui riferimento si può trovare tra i commenti al post sul suicidio dei giornali! E ho di nuovo fatto bum.

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23.1.06

Blog, strumenti e contenuti


Carlo si chiede se i blog non abbiano un po' rotto le balotas, Crosetti toglie i commenti al suo blog (ma poi li rimette, perché in fondo non ce lo meritiamo), Luttazzi lo chiude per non assecondare derive populistiche, Mantellini s'accanisce contro il fondo di Galimberti sul Venerdì di Repubblica a proposito del blog di Grillo e Metitieri s'accanisce contro Mantellini, Zambardino si chiede perché chi sta "dentro" internet si senta membro di una casta depositaria dell'unico sapere tecnologico possibile e non accetti che altri possa avvicinarsi per provare a renderlo intelleggibile anche all'inclita. Il tutto mentre Celentano apre un blog per annunciare querela contro Chiambretti e quel caso-Grillo sbattuto in copertina assume dimensioni sempre più grandi.

Mmh, qui sta succedendo qualcosa. Già, ma cosa? Di tutto, direi. C'è la stanchezza di chi crede che i weblog abbiano esaurito la propria forza come strumento di innovazione e di scoperta. C'è il ciclico riproporsi dell'antico conflitto tra i titolari di patenti di "informatori" e i Grandi Incompresi. C'è l'approssimazione di alcune analisi giornalistiche e la loro intempestività, poiché Grillo arriva in copertina giusto quando sembra che i blog, almeno in Italia, stiano vivendo una fase di riflusso. Difficile, forse impossibile, trovare un filo che leghi tutte queste situazioni. E forse è appunto questo il motivo che, lungi dal voler fare il difensore d'ufficio della mia categoria (i giornalisti), induce spesso in errore chi cerca una sintesi da divulgare: quello dei weblog è un fenomeno talmente complesso e privo di una logica unica e precisa, da renderne difficile una lettura omogenea.

Spiego con un esempio. L'ultimo post pubblicato su Fuoridalcoro risale al 23 dicembre. Per curiosità, ma anche per cercare di comprendere le reazioni di chi passa di qui, ho sempre tenuto sotto controllo i numeri degli accessi. Fino all'inizio di gennaio, la media giornaliera, dopo buoni numeri, languiva attorno ai 30-35 utenti; da un paio di settimane si è improvvisamente impennata attorno ai 90, anche se non scrivo più. Se io non riesco a capirne la causa, mi chiedo cosa riesca a interpretare un giornalista che, per quanto intelligente ed eventualmente fresco di "patente", voglia provare a spiegare il mio e altri cento casi, totalmente diversi l'uno dall'altro, in 60 righe che catturino l'attenzione anche del vecchio interista da bar, che qualcuno cita con uno snobismo non esattamente sinonimo di quella tanto decantata "democrazia della rete".

E' vero, i giornali (e i giornalisti) ci sono arrivati tardi, quando ormai i blog hanno perso il carattere di esclusività, continuando peraltro a citare siti americani (ricavati da articoli facili da tradurre) e senza sforzarsi di scoprire in profondità il fenomeno italiano. Per paura del nuovo, afferma qualcuno, o peggio ancora per il timore di accreditare una forma pericolosa e non autorizzata di concorrenza. E' probabile che sia così. Ma c'è anche altro. Se si commettono tanti errori e si rischia di banalizzare troppo, non è per caso che quei blogger della prima e della seconda ora, quelli che avevano scelto un tema per i loro siti e hanno provato a rimanervi fedeli, quelli che la "fuffa" andava difesa perché era bello far polemica con gli intellettuali ma in fondo in fondo faceva un po' schifo anche a loro, quelli che oggi si ritrovano attorno a una pinta di birra con l'occhio affogato nella nostalgia ripensando a un tempo che è ancora ieri, quelli come me insomma non sono stati capaci di spiegare fino in fondo cosa siano davvero i blog, a cosa servano e perché?

Da tempo, la mia spinta individuale a tenere un blog si è affievolita. E anche l'andare a cercare nelle valigie degli altri è un piacere che si restringe di giorno in giorno a pochi "amici" di riferimento. Guarda caso, quelli che, fedeli appunto a una scelta "specialistica", monotematica, mi danno la possibilità di leggere ciò che altrove non riuscirei a trovare. Anche qui vale un esempio: sfogliare gli Appunti di Viaggio di Michele Marziani è un godimento assoluto. Non sono mai andato a pesca, e Michele riesce a farmi sentire l'intima soddisfazione di chi cerca i luoghi prima che le prede, mi fa immergere negli ambienti e poi nella tecnica. Amo la cultura della buona tavola, e Marziani è una fonte preziosa di informazioni alternative a quelle dei gastronauti "patentati" che hanno invaso il mercato, e proprio per questo sono sicuro che non rispondono a logiche di pubblicità o di marketting (con due T, non è un refuso). Su questo argomento, inoltre, mi ha spalancato la porta su un gran numero di blog dedicati alla cucina, che, i più eleganti da un punto di vista grafico, hanno creato spontaneamente un network attraverso il quale si sono autocertificati, ottenendo così un accreditamento e un riconoscimento anche all' esterno.

Da tempo, appunto, penso a come trasformare il weblog in un'applicazione utile, in uno strumento di servizio. E proprio questa potrebbe essere la prospettiva futura più interessante: mettere insieme più persone attorno a un blog, farle diventare gruppo pur conservando la loro specificità, coinvolgerle attorno a un tema per raggiungere una trasversalità di contenuti. E' quello che sto tentando di fare con un blog comunitario all'interno della redazione che fra qualche giorno apparirà all'interno del sito della Gazzetta dello Sport, dedicato ai libri e alla cultura dello sport. La risposta di alcuni dei miei colleghi più illuminati, l'"intellighenzia" della testata, è stata abbastanza positiva, considerando l'assoluta novità del mezzo e il terrore che un nuovo stimolo tecnologico scatena nella mia categoria. Per ora, è un cantiere, appoggiato per motivi di partnership tecnica su Splinder: s'intitola Terzotempo.
Nulla di rivoluzionario, lo dichiaro subito, anche se nei miei sogni quello che si vede oggi dovrebbe essere il punto di partenza di un progetto da implementare attraverso collaborazioni con riviste letterarie alla ricerca di nuovi scrittori disposti a misurarsi con lo sport, concorsi a premi per promuovere la lettura (prima di tutto della Gazzetta), il coinvolgimento di studenti nelle vesti di recensori, ecc. Ma è sicuramente qualcosa di diverso, almeno per molti giornalisti, legati, mani piedi e testa, alla carta stampata, che per la prima volta si misureranno davvero con i commenti in presa diretta dei lettori, con il giudizio anche violento di molti di loro.

Nel frattempo, ho usato il modello del blog anche per far dialogare tra di loro i giornalisti della Gazzetta sui temi sindacali che riguardano testata e categoria. Ne è stato realizzato uno all'interno del sistema informatico di Rcs Media Group, nel quale il Comitato di redazione (di cui faccio parte) pubblica le proprie comunicazioni e raccoglie i commenti dei colleghi. E soprattutto apre periodicamente sondaggi su argomenti di interesse generale. Mi illudo che, in questo modo, si potranno snellire i processi di elaborazione e di analisi, per dare alle assemblee il compito esclusivo di sintetizzare e votare.

In entrambi i casi, il blog letterario e quello sindacale, ho tenuto come riferimento ciò che mi è sempre sembrata la definizione più corretta ed esaustiva dei weblog. Quella di Giuseppe Granieri, secondo cui il blog è lo strumento più semplice, diretto e immediato per pubblicare contenuti. E anche il più economico: Terzotempo è realizzato a costo zero. Forse era questa la prima cosa da far capire a chi voleva scrivere di noi.

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