Elaborazione grafica di Guido Nestola

24.11.04

Marshall, Texas - vol. 2

Le nuove esilaranti avventure di Dario L'Americano:
A Marshall, Texas, la notte non inizia mai eppure è lunghissima. Alle 9 i locali sono già vuoti, anche stasera ho cenato con un Babe Ruth che mi fissava da un poster appeso alla parete e un jump shoot di Doctor J fotografato in bianco e nero.
Una zuppa di cipolle e formaggio, un petto di pollo con le patate. E ora che faccio? Sto mettendo su casa, fra due giorni dovrei essere pronto. Intanto, proviamo a fare la spesa.
La notte è lunghissima e gli ipermercati sono aperti ventiquattro ore su ventiquattro. La mia prima spesa americana.
Mi sento come il protagonista di "Mamma, mi si sono ristretti i bambini", solo che l'effetto è un po diverso.
E dire che in Esselunga non me la cavavo male. Certo, a quest'ora non c'è il viavai di via Washington e le singles non sono griffate dalla testa ai piedi, ma sempre di un supermercato si tratta!
Invece no. E' tutto disperatamente più grande, e io vivo solo qui a Marshall, Texas.
Devo avere qualcosa di strano addosso, perché il ragazzo che rifornisce i banchi al quale chiedo dove è sistemata l'acqua minerale in bottiglia mi guarda stranito. Eccerto! E' tutto in confezioni da 1 gallone, 3 litri al cambio attuale. Hai presente una confezione di acqua distillata in Italia? E' cosi, proprio cosi. E devi stare attento a non sbagliare, perché è nello stesso scaffale, rigorosamente ordinato.
Le mele? Pure quelle sono grandi, come una palla da baseball.
Il latte? Quello nella confezione da un litro, scremato parzialmente scremato intero? Macche'... O skim milk o 2% milk, acqua bianca praticamente.
La pizza, spacciata per italiana, ovviamente. Confezione da 840 grammi, che neanche da Ricchiuto* a Brindisi riescono a farla cosi grande.
Impavido e stoico, lista della spesa alla mano, ho affrontato il grande freddo, che non capisco perché fuori sei tranquillo e quando entri devi indossare un piumino termico, e mi sono diretto verso le celle frigorifere. Si trova di tutto, pure di più.
La crisi è arrivata, però, quando pensavo di avercela fatta, nella corsia dei detersivi per lavatrici. Ho contato 37 tipi diversi di detersivi, ai profumi piu' impensati. Okay, okay, mi concentro. Cado per colore, cerco di ricordare Giovanna quale usa in Italia. Il Dash, si ecco, il Dash. Porca America, non c'è! E il Dixan? Neanche. C'è All, c'è Tide, c'è Plus, c'è... tutto, troppo. E affanculo i detersivi. Domani mattina porto gli asciugamani in tintoria.
Via, alle casse. Il conto: 119 dollari. Ho la spesa pronta per due settimane almeno.
Fuori ha iniziato a piovigginare di nuovo mentre guido verso l'hotel. Fra 20 minuti chiamero' mia moglie in Italia per darle il buongiorno.
A Marshall, Texas la notte e' appena iniziata.
*: Ricchiuto, pizzeria di culto dell'anziana gioventù brindisina. Da cui, l'esortazione internazionale: "Andiamo a mangiare una pizza" è diventata sul posto "Andiamo da Ricchiuto".

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22.11.04

Nuove proposte

Dall'intervista di Fabio Gambaro a Daniel Pennac, pubblicata da Repubblica, mercoledì 17 novembre:
Domanda: La critica può essere d'aiuto?
Risposta: Svolge certo un ruolo importante, ma sarebbe bene che a parlare di libri non fossero solo le riviste letterarie o le pagine culturali dei quotidiani. Mi piacerebbe ad esempio che ne parlassero anche i giornali sportivi. Bisogna abbattere le vecchie barriere e rendersi conto che i lettori sono dappertutto.
Lo sottoporrò al mio futuro direttore. Accetto scommesse sull'esito della proposta.

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11.11.04

Avvisi

Il Teatro Franco Parenti ha inaugurato da pochi giorni una sede temporanea. Un capannone artigiano-industriale alla fine di via Tertulliano - zona Est della città, oltre l'ultimo anello della circonvallazione - riconvertito in "spazio", con il muro perimetrale dipinto di azzurro. Sulla porta d'ingresso in legno, è stato attaccato un avviso, scritto a mano:
Spingete. Il teatro è aperto!

Da via Cadolini, un'esortazione e un proposito universali.

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10.11.04

Strade

Oggi pomeriggio, attorno alle 3, in viale Marche a Milano. Un pullman al mio fianco si immette nella corsia preferenziale. Guardo distrattamente oltre i finestrini: bambini e bambine, seduti in maniera un po' disordinata. C'è qualcosa che mi colpisce, ma non capisco bene che cosa. Continuo a scrutare: le bambine hanno il velo; in mezzo a loro individuo alcune donne, saranno le madri, anche loro hanno la testa coperta. Ora, però, quel qualcosa addirittura mi inquieta, non già perché non riesca ancora a definirlo.

Seguo una rotatoria, il pullman si allontana. Ma pochi metri più avanti mi ricongiungo, viaggiando sempre sulla corsia parallela. Non posso farne a meno, giro di nuovo lo sguardo. Due secondi, ecco: le bambine e le donne sono tutte sedute nella parte posteriore; davanti solo bambini.



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Nostàlgia

Sono in religioso ascolto di In Praise of Dreams, ultimo strepitoso cd di Jan Garbarek. Strepitoso è l'aggettivo giusto, anche se qualcuno, tempo fa, mi ha fatto notare che ne faccio uso spesso a sproposito. Stavolta no. Garbarek mi sta entusiasmando, come la prima volta che lo ascoltai in Nude Ants, in trio con Keith Jarrett, Palle Danielson e Jon Christensen: avevo 15 o 16 anni (?) e comprai il disco in vinile dopo aver ascoltato la riproduzione in cassetta del Koln Concert. Leggo sulle scarne note del sito della Ecm che è il primo disco del sassofonista norvegese dopo sei anni e si sente: dalla freschezza, dalla semplice complessità, dalla straordinaria varietà dei temi; dall'asciuttezza essenziale degli arrangiamenti.

If dreams are movies for the mind, the album is aptly titled - its atmospheres are evocative and decidedly ‘"filmic", è scritto ancora. Scelgo un solo brano, a caso. In Without visible sign, per esempio, sembra di ascoltare echi neanche tanto lontani di una versione raffinata e moderna di Nino Rota. A proposito di atmosfere filmiche, un altro disco di altissimo livello, le rievoca il Concertone di Stefano Bollani il quale, pur non rinunciando a qualche strappo ironico, fa fare la sua musica un salto indietro di 25-30 anni, alle colonne sonore di Trovajoli e Piccioni.

Sia Garbarek sia Bollani, però, non spiegano quasi nulla dentro il loro bel cofanetto. Il primo non accenna neanche uno straccio di biografia dei suoi meravigliosi complici: la violista Kim Kashkashian e il percussionista Manu Katché. Il secondo concede tutto alla grafica d'effetto. Ma quei bei libretti di una volta nei quali si imparavano a memoria formazioni e collaborazioni artistiche, si comprendeva il senso del progetto, il messaggio sotteso all'idea, non esistono più?

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9.11.04

Milan, Texas

Ci sono diversi modi ugualmente efficaci per esprimere concetti importanti che riguardano la propria vita, i luoghi di nascita o di elezione, le trasformazioni di quei luoghi e di noi con loro.

Uno è quello adoperato da Ginevra Bompiani, che ha fondato con un'altra figlia d'arte, Roberta Einaudi, una piccola casa editrice (Nottetempo), in un'intervista pubblicata sull'ultimo numero di Ventiquattro, l'inserto mensile del Sole24ore:
La Milano di ora è una Milano sedata, senza fermenti. Il mio quartiere, dove sono nata e cresciuta, ormai è fatto di costosissime boutique. Sembra che si viva solo di vestiti. Non è contemplato altro. Le serate sono tranquille e noiose. Il solo guizzo di vita è dato, ora come allora, dagli adultéri. Nessun fermento politico o letterario, niente ironia. Le stesse case editrici esistono ancora, certo, ma non ci sono più gli editori, salvo pochissimi.

Un altro, che trovo esilarante e fantasioso nella sua assoluta aderenza alla realtà è quello di Dario Cananzi, un mio amico dell'adolescenza (sono nato a Brindisi, mi sembra di averlo già detto, ma di seguito si capirà ancora meglio) e un "socio" delle mie primissime esperienze giornalistico-televisive (avevo 15 anni, lui qualcuno di più) che con (e de)i vestiti incombenti di cui parlava Ginevra Bompiani vive e lavora. Da pochi giorni è in Texas e queste sono le sue prime impressioni, molto crude:
io sono nato a Brindisi, dove il sole sorge 1 ora prima che a milano, figurati qnt tempo prima che qui.
Qui sarebbe Marshall, Harrison County, Texas.
Chi lo avrebbe mai detto? Io, che fino a pochi anni fa parlavo solo in brindisino stretto, oggi mi sveglio e dico how are you today? 100 volte al giorno.
O cose tipo nice to see you. Nice to see you? Piacere di vederti? E se 'sto piacere nn ce l'ho, mica posso dirgli No nice too see you, che si offenderebbe un pokino, no?
Il posto non è male, è come stare in un perenne set cinematografico: cappelli da cowboy in testa, girano su improbabili auto colorate, truck rossi cn i tubi d'acciaio a vista, donne grassissime di ogni eta' mangiano di tutto a tutte le ore. E quello ke avanza se lo portano a casa.
Lo sceriffo! Minkia, lo sceriffo! Da come si muove deve aver studiato alla Clint Eastwood School...
Paese piccolino, dove la gente non mormora, non perche' si facciano gli affari loro ma perche' in giro si vede nessuno. Dopo le 6pm (che secondo me nn sta per post meridiam, ma per PoMeriggio), tutti in casa e per vedere un po' di confusione bisogna andare nei mall. I centri commerciali, carlo....
Posso davvero contare sulle dita di una mano le belle tipe viste qui in una settimana. Tranne stasera che mentre stavo cenando al Golden Corral (e' un posto organizzato come un buffet del valtur, 10 dollari e mangi e bevi qnt vuoi) e' entrata una squadra di basket femminile in viaggio per trasferta.
Mi si sono incrociati gli okki e allora per evitare lo strabismo ed il sangue acido ho finito di cenare e me ne sono andato.
Bhe...mo' torno in camera a leggere un po'. Fatti vivo.

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Cronache, voci e non smentite

Provo a ricostruire la vicenda in estrema sintesi. Io riporto un brano del diario veneziano di Guido Chiesa sulla presentazione del film Lavorare con lentezza, in cui il regista critica la critica, e un estratto da un intervento di Wu Ming 4 (tra gli sceneggiatori) che spiega senso, sfondo e intento del film. Nei commenti al post, Svaroschi sottolinea l'eccesso di "snobismo alternativo" dei Wu Ming, citando una presunta rissa con un fotografo che sarebbe avvenuta a Bologna durante la presentazione della pellicola. Subito dopo, Franco la smentisce, raccontando una versione dei fatti diversa, avendovi assistito direttamente, e accende un mini dibattito.

La situazione mi sembra un interessante esempio (con molta presunzione, lo definisco addirittura esperimento sul campo) di cronaca attraverso i weblog e in un post successivo, nel segnalarlo, chiedo che siano i Wu Ming a dirimere la questione. Nei nuovi commenti, si scopre che Svaroschi ha saputo della presunta rissa solo per interposta persona, non era presente insomma, a differenza di Franco. Qualche giorno più tardi, ricevo anche una mail cortese da parte di Wu Ming 1 che solo oggi, con vergognoso ritardo, pubblico di seguito:
Mi hanno testè segnalato la discussione sul tuo blog. Mi dispiace, Carlo, ma noi non possiamo intervenire a smentire una notizia così inverosimile, che figura ci faremmo? Sarebbe come dichiarare: "Non è vero che facciamo i sacrifici umani" o: "Non è vero che veniamo da un altro pianeta". Se dovessimo occuparci delle idiozie di qualunque matto, non vivremmo più. Non nego che quel fotografo uno scapaccione lo meritasse (e forse se avesse continuato a insultare, e il personale della Cineteca non gli avesse chiesto di alzare i tacchi, se lo sarebbe pure preso, e forse nemmeno da noi), ma la realtà come l'ha vista una sala stracolma è che noi non ci siamo mai allontanati dal tavolo sul palco e il suddetto è sempre stato molto discosto da noi, finché non se n'è andato.

Wu Ming, insomma, non smentisce nulla, perché non c'è nulla da smentire. Ma mi fa riflettere, senza nulla di personale nei confronti dei protagonisti di questa vicenda né l'intenzione di trasformare Wu Ming in vittime della curiosità dei media, in generale sulla relativa accuratezza nella comunicazione da parte delle persone (blogger o non blogger, non fa differenza) e sull'uso molto facile (blogger o giornalisti, fa ancora meno differenza) di voci, dicerie, rumors, senza che siano prima verificati. E' il vecchio discorso sull'attendibilità e sulla credibilità che non si ricevono con una tessera di giornalista, tanto meno con un esame professionale, ma si costruiscono con la pratica quotidiana e il rispetto di un'etica universale e particolare.

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8.11.04

Mangiarsi le parole

E' il titolo di un festival letterario e gastronomico che si svolgerà nel fine settimana a Livorno. Originale in sé, ma anche nelle proposte di letture, azioni sceniche e degustazioni. Ne segnalo alcune:
venerdì 12,ore 18.30, Emeroteca Comunale, via del Toro 8
Francesco Niccolini + Andrea Purgatori
Teatro civico. 5 monologhi per Report (Einaudi)
Gli autori presentano il libro dei monologhi scritti per Marco Paolini per la trasmissione-culto di Rai3 Report. Al termine, videoproiezione dell'intervento sulla strage di Bhopal
al termine: Tè indiano

venerdì 12 ore 21.30. Sala AgipPetroli, v.le I. Nievo 38
Il costo della vita, di Philippe Le Guay
Destini che s'incrociano come in un film di Altman, ma in forma di commedia, con un montaggio serrato, toni leggeri e scene nelle quali si ride di gusto, merito anche di un cast eccezionale. Il piatto forte è un fantastico gattuccio al vino rosso, citato così tante volte che si esce dal cinema con l'acquolina in bocca.
al termine: Pesce di tonno

sabato 13 ore 18.30. Centro Donna, via Strozzi 1
Margherita Dalle Vacche
Aperitivo... stregato
www.manidistrega.com, la rivista web nata a Livorno e dedicata alle donne della Toscana, compie due anni: due parole e un brindisi "stregato"! Introduce M. Giovanna Papucci. Margherita Dalle Vacche, ideatrice del portale, racconta come è nato e cresciuto, e presenta alcune delle molte affezionate che lo hanno sostenuto
al termine: Stuzzichini, e aromi e gusto di vini

domenica 13 ore 16.30, Centro Donna, via Strozzi 1
Susanna Cappellini con Carlo Bornaccini
Un amico tra le nuvole (La Scuola)
Dalla vincitrice del Bancarellino un altro romanzo per i più giovani. La storia di un ragazzo vittima del bullismo, che non si sente accettato né dagli amici né dai genitori. Ma qualcuno lo aiuterà a recuperare l'autostima. Vincitore del premio Antonella Castellano
al termine: Pane e Nutella

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Last minute

Mosca, martedì notte, intorno all'una.
"Eccola! Vedi quella ragazza con il giaccone bianco? E' il segnale che lì c'è un gruppo di prostitute*. Ti avvicini con la macchina, abbassi il finestrino e chiedi quali tariffe trattino. A volte, capita, come con questa, che rinvii a un altro "palo" perché la strada è trafficata e c'è il rischio di controlli della polizia. La sua... collega è quella lì, vestita di nero, accanto al semaforo. Tratti con lei le prime tariffe, le chiedi quante ragazze vuoi e lei ti fa entrare in una strada più piccola e nascosta. Andiamo, ma teniamo accese solo le luci di posizione.

"Guardale! Sono lì, tutte in branco, aspettano. Saranno una ventina. Una mezzana si avvicina alla tua macchina e ricomincia la trattativa. Ti chiede quanto vuoi spendere, quante ne vuoi... Io ne ho chieste cinque, da duecento dollari. Mi ha detto comunque che ne ha anche per meno, ma io ho insistito che voglio vedere quelle da duecento. Si è girata, ha alzato il braccio destro, indicando il numero 2. Adesso le chiama, senti?: Duecento, dice. Spuntano da non so dove, qualcuna era in un'auto, altre erano nascoste in un portone. Queste otto ragazze valgono duecento dollari. Si mettono in fila davanti alla nostra macchina, io accendo gli anabbaglianti.

"Visto? Vabbè, adesso andiamo, se no qui rischiamo che ci trovi la polizia e poi è una rottura di coglioni. La mezzana torna vicino al finestrino e tu le dici che non te ne piace neanche una. Via, metto la retromarcia e andiamo a bere qualcosa".

Terribilmente istruttivo, d'accordo. Mi chiedo, però: è possibile che, se vai a Mosca, non ti fanno più visitare la piazza rossa o il mausoleo di Lenin, ma ti portano solo a un "Puttan Tour"?

*: il termine realmente adoperato è naturalmente più crudo ed efficace.

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