Elaborazione grafica di Guido Nestola

28.11.05

Melbourne, The place to be - 5 / La natura

La notizia del giorno, in città, è che una famiglia di anatre, con 8 anatroccoli, ha occupato il laghetto dei Treasury Gardens e le sue immediate vicinanze. Occupato è il verbo giusto, poiché il babbo (credo) cercava di caricare, abbassando il collo, allargando le ali come fosse un toro e puntando con il becco, chiunque si avvicinasse al gruppo e portasse una lontanissima minaccia ai suoi piccoli: altri uccelli, donne, bambini, uomini. Me compreso. Ho avuto la bella idea di rivelarlo al cameraman di Ten News, il quale mi ha chiesto di ripetere il ... miracolo mentre lui avrebbe acceso la telecamera. Il tentativo di aggressione difensiva è puntualmente avvenuta. Passerò alla storia della tv di Melbourne.

Per quanto buffo, è stato uno dei rarissimi momenti in cui la natura della città mi è parsa aggressiva. Al contrario, il verde e l'enorme qualità di specie di uccelli (purtroppo ne conosco così poche, da non poter descrivere quante ne ho viste, tutte diverse) contribuisce a rendere piacevole un paesaggio bellissimo e all'insegna dell'informalità. A decine passeggiano con le infradito, e anche chi lavora sembra dia la giusta attenzione all'abbigliamento. Forse perché concentrano tutto in alcune scelte di pessimo gusto, tipicamente inglesi, per partecipare alle tante "functions" (compleanni, matrimoni e in questo periodo mi dicono molti parties natalizi, organizzati dalle aziende) che si tengono a catena nelle sale dei principali alberghi cittadini, in orari per noi incomprensibili. Capita così di incontrare signore con abiti da tarda sera, con scollature vertiginose di serie, alle due del pomeriggio.

Non c'è stato, però, nulla di peggio delle mosche in queti giorni. Sono numerose, insistenti, appiccicose, si attaccano in faccia, entrano nel naso, provano perfino a infilarsi dentro gli occhi. Ricordo il viaggio del 1994 ad Ayers Rock. Fui colpito dalla quantità pazzesca di questi insetti che sembravano incollati alla faccia dei pochi aborigeni abbandonati nella piazza del paese in un primo pomeriggio torrido. Fui costretto ad acquistare un cappello dotato di una retina per vedere la grande pietra che spunta dal deserto evitando di muovere le braccia come pale di elicotteri per liberarmi dall'assedio delle mosche. Infernali.

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27.11.05

Melbourne, The place to be - 4 / Skyline

Domani si parte e io non ho molta voglia di tornare. L'atmosfera informale e rilassata di questa città non è certo simile a quella nevrotica e impersonale di Milano. Ha ragione Lorenzo, un amico architetto che si è traferito qui due mesi fa da Bologna: la sensazione di respirare ogni giorno aria pura è straordinaria e vale a compensare il disagio dato dalla distanza di migliaia di chilometri dalla terra in cui si è nati. Per lui, a Melbourne tutto è più semplice, meno burocratizzato, soprattutto più aperto al talento, a differenza di quanto accade da noi, dove, se non sei il figlio di qualcuno o non hai le amicizie e le parentele giuste, non hai opportunità di emergere. L'età conta pochissimo, al contrario questo è un Paese di età media molto bassa, nel quale è normale che una donna di 34 anni sia a capo di uno degli studi di architettura più importanti del continente.

Immagine tratta dal sito Fondazione Nicola TrussardiIn effetti, a proposito di architettura, si avverte una sensazione di ritardo. I grattacieli che spuntano attorno al centro squadrato sono nati vecchi, costruiti cinque anni fa con uno stile e una filosofia da Anni 80, frutto della scuola di un olandese che tuttora insegna all'Università di Melbourne. Mi sembrano l'evoluzione in bella copia delle grandi strutture dei sobborghi berlinesi tra le quali è ambientato il video Long sorrow dell'albanese Anri Sala, che ho visto al Circolo filologico milanese prima di lasciare l'Italia. Ma proprio perché rispondono a una scuola unica, danno al paesaggio cittadino un'armonia di fondo, risparmiano all'occhio contrasti stridenti, opposizione violente, favendo quella piacevolezza di fondo.

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25.11.05

Melbourne, The place to be - 3 / La società

Cosmopolita, aperta, solare, d'accordo. Nel pieno centro della città, c'è un'enorme porta rossa che segna l'ingresso a Chinatown, e va bene. In un ristorante di medio livello non si mangia con meno di 40 euro. La gente è molto ben vestita, nella stragrande maggioranza all'europea, senza alcuna eccesso, anzi con una misura inconsueta per un Paese con una forte presenza britannica. In generale, Melbourne è una città cosmopolita, con una presenza di orientali in apparenza non invadente e una dignità anche nei primi sobborghi di periferia.

Oggi sono andato a Richmond, dieci minuti a piedi dai bellissimi Fitzroy Gardens, dove si può visitare il cottage del capitano Cook, costruito nello Yorkshire nel 1755 e trasportato qui nel 1933. Dovevo cercare una signora, e l'ho trovata in una strada di piccoli cottage modesti. Pensavo che quello fosse il suo ufficio, in realtà era la sua abitazione. I cancelletto era aperto, l'ingresso dava su un passaggio-cortile che gettava su due porte: la prima era spalancata su un soggiorno con una grande libreria vecchia zeppa di dorsi; l'altra dava direttamente sulla cucina. Sul tavolo una coppa ricolma di frutta e corn flakes. La signora è una scrittice per bambini, e sembra uscita da uno dei suoi racconti: capelli rosso mattone, una voce cantilenante e un inglese assai indulgente nei confronti dello straniero. Non mi aspettava, ma in nome di un'amica comune italiana mi ha aperto la sua casa e ha ricordato il periodo trascorso a Milano nel suo appartamento, usando una frase che mi piacerebbe ricordare per sempre: "Che meraviglia! Questa mattina il mondo ha bussato alla mia porta".

Immagine tratta dal sito Ponte alle GrazieEppure qualcosa mi sfugge. Mi sembra che manchi al panorama un elemento fondamentale. E finalmente ci sono arrivato, leggendo un libro molto interessante che ho portato con me dall'Italia, Terra di nessuno, di Sven Lindqvist, edito da Ponte alle Grazie: non c'è traccia di aborigeni.
Nemmeno nel libro se ne parla, a proposito di Melbourne. Gli aborigeni sopravvisuti alla massiccia politica degli inglesi-australiani di distruzione della loro identità e cancellazione della loro presenza (prima con i fucili, poi con l'alcol, poi rapendo i bambini o con altra violenza legalizzata) dalla terra in cui abitavano, sono concentrati nella zona occidentale del continente, fra il deserto rosso e le coste umide. Sono i superstiti di quella che Lindqvist definisce "una società detentiva", nella quale tutt'ora i monumenti di interesse turistico sono le carceri che erano servite prima per i detenuti inglesi deportati nel Settecento e poi per i "negri". A Melbourne, tutto questo non si vede.

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24.11.05

La leggerezza di un Orso

Immagine tratta da 35mmCapisco che per i tedeschi interrogarsi sul proprio passato, soprattutto sul modo in cui il nazismo ha fisicamente ucciso le passioni delle generazioni, sia un esercizio talmente raro da meritare un'attenzione speciale. Spesso anch'io preferisco sottolineare il rilievo del messaggio di un film rispetto a certe sottigliezze stilistiche. Ma da qui a premiare con l'Orso d'Argento un film, un titolo assai considerevole, un film zeppo di errori, leggerezze, sviste tecniche ma anche concettuali, mi sembra troppo.

La rosa bianca - Sophie Scholl è senz'altro un film importante. Dubito, però, che nel tempo in cui si deportavano migliaia di ebrei e se ne faceva cenere nei campi di sterminio, non ci sia stata l'ombra di una tortura, di una privazione, di una violazione delle libertà individuali nel corso di tre giorni di interrogatori con una giovane studentessa di Ulm. Non è credibile che, a parte qualche scatto d'ira di un capo della polizia nazista, l'eroina protagonista non abbia subito violenze o tentativi di strapparle una verità così grave da portarla in 72 ore alla ghigliottina. Per non parlare dell'ultimo interrogatorio mattutino, nel quale un montaggio impietoso ha messo in evidenza per almeno cinque minuti un errore che nemmeno l'allievo più scadente di una Scuola di Cinematografia. Il libretto rosso del Codice penale, mostrato dall'inquisitore a Sophie, da un'inquadratura all'altra continuava a danzare ora al centro del tavolo ora sul lato destro dell'inquadratura. Leggerezze certo non degne di un Orso.

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Melbourne, The place to be - 2 / Gli spazi


Melbourne è una combinazione di gigantismo americano e antiche, cortesi abitudini inglesi. I mall non sono fastidiosi, al contrario vivibilissimi. La prima sensazione che colpisce riguarda l'uso dei grandi spazi. Sembra una considerazione banale in un continente enorme, occupato da una quantità minima di persone. In realtà, anche nel centro squadrato in cui davvero non si perderebbe neanche un bambino (altro che Berlino di Bonetti e Dalla!), è tutto molto accogliente, per non dire enorme.

Ieri una classe di studentesse di una media (qui esistono collegi, con divise e colori associati obbligatori) ha trascorso la mattinata in un'enorme libreria appartenente a una catena nazionale. La responsabile del negozio ha tenuto una breve lezione su che cosa significhi gestire una libreria, dai codici Isbn alla necessità di leggere buona parte dei libri in vendita per poterli suggerire ai clienti. Poi le ragazze e le insegnanti si sono sedute per terra, distese sulla moquette, appoggiate sulle poltrone disseminate davanti a ogni spalla di libreria. Durante la mezz'ora che ho trascorso lì dentro, curiosando tra gli scaffali, loro hanno chiacchierato amabilmente di libri e sfogliato ogni tipo di pubblicazione. Mi sembrava di sognare.

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Melbourne, The place to be - 1 / Il gusto

Lo so, è sufficiente che metta il naso fuori da Milano per innamorarmi di un luogo nuovo. E so anche che, dopo i primi tre giorni in cui mi piace tutto, anche lo stridio dei tram in curva sulle rotaie, ne comincio a scoprire i lati negativi, mi disamoro un po', finalmente parto. Melbourne, però, sembra possa sfuggire alla seconda parte di questo esito ricorrente. E' talmente bella, luminosa, spaziosa, piacevole e rasserenante, che, anche se dovessi vedere un enorme serpente velenoso attraversare la strada in pieno giorno, farei finta di niente.

Verde, parchi dovunque, centinaia di persone di ogni età che corrono all'ora di pranzo in canotta e mutande, avendo spogliatoi e docce negli uffici del centro, e poi il gusto. I quotidiani australiani, che hanno quasi ogni giorno una rubrica epicurea, insistono sul fatto che Melbourne sia la capitale glamour dell'Australia, e si vede.

I ristoranti sono curatissimi, eleganti, con una netta prevalenza di arredi in legno scuro e un'illuminazione che in Italia non si riesce a trovare tanto curata e discreta.

La cucina è di buonissimo livello, in prevalenza di origine italiana (oggi, da Cicciolina, a St.Kilda, una mini San Diego, la spiaggia a quindici minuti di tram dal centro città, ho gustato delle Orecchiette con cavolfiori, bacon, mandorle a pezzetti e mini spinaci in foglia, di leggerezza strepitosa, per me che sono abituato alle orecchiette con le cime di rape ed ettolitri di aglio e olio bollente) o con qualche elaborazione orientale molto equilibrata.

Tanti vini sono eccellenti, a qualsiasi prezzo: un Heartland Shiraz, assaggiato ieri nel grande Centro d'arte e cultura di Victoria Square, a 4.5 euro il bicchiere, è tra i nettari migliori che abbia mai assaggiato. Gli iniziali profumi di ciliegia matura viravano in amarena sciroppata per assestarsi in una liquirizia rotonda e dolce: il tutto si ritrovava in bocca, dove l'annata giovane (un 2004) tradisce solo un po' di alcol in eccesso, che sfumerà presto.

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21.11.05

Il sole del cuore

Ci sono molti modi per ammettere la schiavitù da se stessi, la prigione del proprio destino. Si può piangere, ammettendo la sconfitta, rinunciando a entrare in campo. Si può tentare la fuga. Si può rimanere immobili. Oppure si può provare a cambiare quel destino e scoprire quanto sia impossibile tornare indietro, rimanendo succubi della propria rabbia, del proprio passato, rassegnati all'inevitabile.

E' ciò che fa il protagonista di Tutti i battiti del mio cuore, film noir francese di Jacques Audiard, con molti tentativi riusciti di aggiungere trama, dialoghi e interiorità. "Immobiliarista" si definisce (in realtà, partecipa a sgomberi violenti, lanciando topi nelle abitazioni e pugni agli abitanti), stressato e sempre ad alta velocità, come il ritmo della musica che si spara nelle orecchie, spesso solitario. Un fortuito incontro con l'agente della madre, ex pianista di successo, gli fa tornare alla mente la possibilità di riprendere a suonare, per un provino. A questo punto, ci sarebbero gli ingredienti per una virata a lieto fine: il potere rigenerante della musica, l'ex violento che si redime, dragando le profondità del sé. Ma non arriva, anche se una sapiente costruzione cinematografica ce la fa annusare. Il bruto resta tale, mentre la sua dolce maestra che parla solo cinese ama così tanto la musica, da diventare una concertista di successo. E quando sembra che almeno i buoni sentimenti stiano per trionfare, ecco il finale a sorpresa. Approfittando di un nuovo incontro fortuito, questa volta con il boss russo che mesi prima aveva punito il padre, il protagonista si fa vendetta da solo e poi va a sedersi, insanguinato ma sazio, in prima fila per ascoltare il concerto dell'amata ex maestra. Non si può tornare indietro, il marcio resta nel sangue, la rabbia non sarà mai vinta. Film bellissimo nella rappresentazione della dannazione.

Immagine tratta da reflections.itUn altro modo è quello di cercare un altrove, nella propria testa, senza però mettersi al riparo dalla condanna definitiva del destino. La biologia marina, per esempio, in cui si rifugia l'imperatore Hirohito, stupito protagonista dei Il sole, del regista russo Alexander Sokurov, un altro film, di una lentezza nient'affatto esasperante, che mi è piaciuto moltissimo. Dentro una luce irreale, sempre più nebbiosa, ingrigita, polverosa, come se le ceneri delle macerie che si accumulano attorno alla residenza imperiale e soprattutto quelle della vita di Hirohito si addensassero nell'aria davanti alla telecamera, si consuma il tentativo dell'imperatore di abbandonare il suo stato di divinità nelle ultime ore prima della resa alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Più che il lungo dialogo con il generale Mac Arthur, la chiave sta nella penultima scena in cui il protagonista annuncia sollevato alla moglie di aver registrato in un nastro la sua scelta. Ma il suo primo consigliere, di fatto un vero e proprio guardiano del rito e del mito, gli dice: "Quell'uomo ha fatto harakiri". "Ah!" replica lui, prima di sgambettare via, l'ennesimo dei tanti gesti infantili che lo rendono incredibilmente simile a Charlie Chaplin del Grande dittatore ("Ciao, Charlie" lo salutano i giornalisti americani che lo fotografano davanti al giardino di casa. Ma Charlie è anche il modo in cui i marines chiamavano i vietnamiti..), mano nella mano con l'imperatrice.

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18.11.05

Neonato

Dopo lungo travaglio, è nato un blog collegato a questo. Il titolo, per il momento, è Letti per sport. Ma è suscettibile di modifiche, suggerimenti, proposte, che si attendono sia qui, nel sito-babbo, sia in quello figlio.

Letti per sport nasce come spazio per recensioni, annunci, critiche, tutto ciò che ha a che fare con la cultura dello sport. Dunque, non solo libri, ma anche teatro, cinema, arte, legati allo sport. Proprio per questo mi piacerebbe che fosse aperto a collaborazioni esterne.

Si comincia con un'anteprima, che condivido con Repubblica e La Gazzetta dello Sport (il distico di accompagnamento a un estratto del testo, pubblicato dalla "rosea" è la traccia iniziale della recensione di Letti per sport). Quando c'era 90° minuto, un bel libro di Antonio Dipollina edito da Sperling & Kupfer, che sarà disponibile in libreria da lunedì 22 novembre.

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16.11.05

La Repubblica dell'Immaginazione

Scrive Azar Nafisi, autrice di Leggere Lolita a Teheran, su Repubblica dell'8 novembre:
Secondo me le opere di narrativa rimuovono qualsiasi barriera, trascendono la nazionalità, la religione, l'etnia, il genere, la classe o la razza. Io credo in una Repubblica dell'Immaginazione, nella quale gli individui - indipendentemente dal loro luogo di nascita e dalla lingua che parlano - possono entrare in rappporto gli uni con gli altri, vivere gli uni a fianco agli altri, per mezzo della fantasia, dei valori e delle passioni universali che condividono. La cultura prospera e si arricchisce nell'interazione con le altre culture, che devono essere osservate con occhi nuovi e quindi ridefinite in nuove prospettive. In questo ambito i lettori non possono limitarsi a leggere i libri che sono espressione della loro cultura, perché accanto e in parallelo a dove vivono vi è un'altra Repubblica, quella dell'Immaginazione, nella quale Dante, Flaubert, Fitzgerald, Goethe, Shakespeare e Rumi vivono l'uno accanto all'altro, indipendentemente dalla loro nazionalità o dalla loro lingua. Si tratta in altre parole dell'universalità della cultura, della letteratura, in contrasto con un mondo che ha imparato a definirsi in modo angusto, nel quale le culture possono facilmente diventare incomunicabili.


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13.11.05

iPod

L'ho comprato, con il ritardo tipico di chi cerca disperatamente di non omologarsi. Ho provato a immaginarmi, mentre il bimbo si caricava, con gli auricolari bianchi, simile a tanti ragazzi (e già questo, alla mia età...). Mi sono chiesto quanto durerà l'entusiasmo dell'inizio e quanto sarò disposto a spendere per farmi subito risucchiare dal vortice dell'acquisto degli mp3 in rete.
Insomma, arrivo tardi, come al solito, ragionandoci sopra un po' troppo. E, sempre come al solito, mi chiedo già in quale modo possa trasformare questo iPod in un mezzo e non solo in un fine (personale): producendo io contenuti e non solo subendoli. Qualche risposta l'ho trovata. Vedrò se riuscirò a trovare anche l'energia e il tempo per realizzarla, ciò che oggi manca a questo weblog per continuare ad avere un senso. Mumble mumble.

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3.11.05

Amici dei blogger


Sullo Shanghai Daily, trovo per la prima volta un link ad usum dei bloggers, accanto a quelli classici a favore dell'usabilità (stampa, email) in calce agli articoli dei giornali online. Chi vuole citare la fonte e la notizia, può copiare da una finestra un contenuto predefinito dalla testata, qualcosa in più di un puro permalink. Eccone un esempio:
Blog this Article
PermalLink URL for this article:
http://www.shanghaidaily.com/art/2005/11/03/210075/
Cheng__039_s_failed_move_costs_dear.htm


Here's some handy HTML you can copy and paste to make blogging about this page a bit easier.


To get this:

Cheng's failed move costs dear by Zhang Shunyi -- HOPING to trademark a gymnastics maneuver, China's Cheng Fei tried a complex new move for the first time in the women's vault at the East Asian Games in Macau yesterday, and it cost her a gold medal.

Copy and paste this code:

Cheng's failed move costs dear by Zhang Shunyi -- HOPING to trademark a gymnastics maneuver, China's Cheng Fei tried a complex new move for the first time in the women's vault at the East Asian Games in Macau yesterday, and it cost her a gold medal.



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In viaggio


Una ragazza sorride al mio fianco, notando che guardo con insistenza verso l´alto un punto fermo che non arriva mai. Mi dice, con un inglese sorprendente: "Sulle scale mobili della metropolitana di Mosca si puo´ leggere un´intera pagina di un saggio di politica internazionale".

All´aeroporto di Vienna, accanto al controllo passaporti, e´stato aperto un sexy shop senza coperture. Inutili?

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