Elaborazione grafica di Guido Nestola

24.7.05

La sposa siriana

La No man's land drusa, al confine (fisicamente, religiosamente e moralmente) invalicabile tra Israele e Siria, è commovente, delicato, solare nella sua livida trama.
Le donne sono protagoniste, nella ricerca di autonomia, nella speranza di superare quelle barriere mettendosi in cammino, come fa la promessa sposa che la burocrazia dello scontro politico tiene in ostaggio. Ma il momento più toccante è forse quello degli uomini: l'abbraccio fra il padre orgoglioso e irriducibile, e il figlio che torna dopo otto anni di fuga dalla tradizione ottusa.
Sarà perché l'ho visto in lingua originale, con sottotitoli non invasivi, lo considero uno dei film migliori dell'anno. E qui aggiungo il link al sito, ugualmente fatto bene.

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7.7.05

I blog dell'ultima guerra

Il Guardian aveva creato un blog per seguire "live" il G8 da Edimburgo. La strage di Londra lo ha trasformato nel blog minuto per minuto della situazione nella capitale. Con un pool di Flickr dedicato interamente a raccogliere le foto in arrivo dalla rete, come quella qui accanto.

La Bbc ha creato una pagina nella quale i suoi giornalisti, sparsi per la città, raccontano in 15 al massimo, specificando la strada in cui si trovano e l'orario in cui trasmettono le notizie, quello che vedono, sentono e sanno.

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5.7.05

Vergogna d'Italia

foto tratta da www.corriere.it

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Stili e messaggi

"E allora", ha ironizzato qualcuno dopo aver letto il post sullo stile che prevarica il messaggio, "continua a leggere sempre e soltanto Don Chisciotte o i classici, e non andare mai a cercare qualcosa di nuovo o di diverso". Non solo come se Joyce, per me, non fosse mai esistito o io non avessi amato alla follia Virginia Woolf, ma nemmeno come se se non potesse profilarsi una via di mezzo tra la tradizione e la sperimentazione.

Insomma, c'è il quieto e raffinato scrivere di Somerset Maugham del "Filo del rasoio":
Mai ho cominciato un romanzo con tanta titubanza. Lo chiamo romanzo solo perché non saprei come chiamarlo altrimenti. La storia che ho da raccontare non è gran cosa, e non termina con una morte né con un matrimonio. La morte pone fine a tutto e quindi è la conclusione esauriente di una storia, ma anche il matrimonio è un approdo assai opportuno, e i raffinati hanno torto a beffarsi di quello che per convenzione si suole chiamare lieto fine.
Nel frattempo, però, s'è affermato anche lo stile secco, teso, essenziale più che minimale di Davide Longo del "Mangiatore di pietre":
Cesare tagliò un morso sottile di toma e richiudendo il coltello guardò la sera che calava oltre la finestra.
Le creste delle montagne staccavano ancora nell'ultimo sole, ma i pini in basso avevano il verde opaco del crepuscolo. Nei prati di là dal fiume restava qualche covone di fieno. Un vento pigro cullava faggi e castani a mezzacosta preparandoli al buio.
Mise in bocca la toma con un tozzo di pane e masticò fino a sentire il formaggio tornare latte, il pane grano.

Credo d'averlo scritto altrove: quella di Longo è stata una delle letture più belle degli ultimi anni, per me che non amo i noir o i thriller è stato un avvenimento. Ho respirato l'aria nitida delle montagne, mi è sembrato di entrare in una stanza vuota, abbandonata solo in apparenza, nella quale anche il silenzio ha un suono. Per questo, mi piacerebbe farne uno dei primi argomenti di una pagina dedicata ai libri e allo sport che potrebbe trovare molto presto spazio sulla Gazzetta, essendo Longo un ex cestista di discreto livello.

Poi ho letto altro, non tutto da leggere.

"Soluzione finale" di Michael Chabon, per esempio: un divertissement ben riuscito, ma senza grandi velleità.

Ho provato simpatia per "Cordiali saluti" di Andrea Bajani: uno spaccato pieno di nero sarcasmo sulla vita e sui rapporti dis-umani all'interno delle aziende italiane.

Ho portato a termine non senza fatica "Passa la bellezza" di Antonio Pascale, ma riconosco che ne sia comunque valsa la pena. La lingua di Pascale è diretta, sanguinolenta, taglia la realtà e ne mostra le interiora, spesso nel senso vero e fisico del termine.

Ho abbandonato "Neve" di Orhan Pamuk, come non mi capitava da anni con un libro, e sto rischiando di far lo stesso con "Legami" di Nuruddin Farah.

Ho amato alla follia "Il libro degli abbracci" di Eduardo Galeano, che per settimane ho trasformato nel mio libro delle ore: piccole preghiere, racconti improvvisi e sublimi, che mi hanno proiettato in un mondo altro e che ho tentato di suggere lentamente, delicatamente, per prolungare l'emozione.

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