Elaborazione grafica di Guido Nestola

30.4.04

Referendum e felafel

Pranzo veloce ad Allenby Syreet ieri mattina. Giro al mercato di Tel Aviv, polizia inesistente, urla di venditori come nell'oleografia classica delle città meridionali. E' la normalità di una città che, appena ti siedi in un simil chiringuito e chiedi due indigeribili felafel e un piattino di hummus, ti si avvicina e con discrezione ti chiede: italiano? Niente di più, anzi quasi il fastidio di mostrarsi troppo e di scoprirsi a domande sul referendum all'interno del Likud sul piano di disengagement che Sharon propone domenica.

Le ultime previsioni dicono che perderà, perché ha fatto poca propaganda; perché il Likud, il partito della destra di governo, è diviso in troppe anime; perché il ritiro unilaterale non piace; perché qualcuno, dentro il partito, gli ha voltato le spalle all'improvviso. Problemi? Nessuno, perché come scrive il Jerusalem Post:
The prime minister has made it clear he does not consider the vote binding; a "no", he says, will not prevent him from pushing the plan forward in the Cabinet and the Knesset

A questo proposito, segnalo anche il post di Brodo Primordiale.

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Report

I confini con i Territori sono stati chiusi; i dintorni del palazzo dello Sport sono controllati dall'alto e dal basso, con sbarramenti a metà strada costituiti da pullman piazzati di traverso; l'accesso all'Arena avviene attraverso camion-metal detector. Le misure di sicurezza per le Final Four di Eurolega di basket a Tel Aviv si possono definire imponenti, come alcuni giornalisti amano dire o scrivere. Gli amici dell'Eurolega mi raccontano che, tre mesi fa, la polizia ha illustrato l'organizzazione del proprio intervento con una presentazione in Power Point.


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Ci sono anch'io

Culture digitali: i weblog, la nuova sfera pubblica

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28.4.04

A volte esagerano

Conferenza stampa, in mattinata, al Museo dell'Arte Moderna. I rigidi controlli di sicurezza sono affidati a una minuscola settantenne dalla facci incartapecorita che prova a negare l'accesso a chi non presenti la lettera d'invito, con poco successo. Tra gli ospiti, le telecamere sono tutte per un major general della Polizia di Israele che in un fluente inglese spiega come la polizia sarà utilizzata da domani per le Final Four di Eurolega di basket. Frasi di rito, sindaco di Tel Aviv, Ministro del Turismo, allenatori, giocatori, eccetera.

Durante il cocktail nel giardino, con i piedi sopra un mosaico di Enzo Cucchi e in mezzo a imponenti e belle sculture di artisti europei, io e il mio collega Luca siamo presi in disparte da un buon numero numero di giornalisti israeliani. Ci chiedono come abbiamo potuto esprimere sul nostro giornale dubbi sulla sicurezza e soprattutto sull'opportunità, in una situazione conclamata di conflitto, di far disputare queste Final Four a Tel Aviv. Non concepiscono che qualcuno abbia un'idea diversa dalla loro, che altre idee, altri luoghi, altre culture possano spostare lontano da qui l'attenzione e la comprensione del mondo. Io e Luca ci affanniamo a spiegare, entrambi partendo da un concetto fondamentale: "We respect your opinion". Ho quasi l'impressione che qui questo concetto non sia ugualmente fondamentale.

Poi sfoglio su internet le ultime notizie. E sul Jerusalem Post trovo questa dichiarazione, finalmente, illuminante di Colin Powell:
"It is not anti-Semitic to criticize Israel. But the line is crossed when Israel or its leaders are demonized or vilified, for example by the use of Nazi symbols and racist caricatures," said US Secretary of State Colin Powell before OSCE's conference on anti-Semitism.
Il neretto corsivo è mio.

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Scoop iracheni

Chi non conosce Bob Woodward?! Con Carl Bernstein, è stato il celebre autore dello scoop sul Watergate; oggi è assist managing director alla Washington Post; da qualche giorno è anche l'autore di un libro di rivelazioni-scoop sulla guerra in Iraq decisa e portata avanti dalla Casa Bianca in barba a qualsiasi autorizzazione dell'Onu, reale minaccia di armi chimica, ecc.

Plan of Attack avrebbe dovuto avere anticipazioni quotidiane, per cinque giorni, sul quotidiano della capitale, ed essere messo in vendita solo martedì 20 aprile. Venerdì 16, però, l'Associated Press ha battuto tutti, perfino il suo autore, lanciando un dispaccio di circa 1000 parole in cui sintetizzava le principali novità contenute nel libro pubblicato da Simon&Schuster. Chi di scoop ferisce, di scoop perisce.

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27.4.04

Ictus

Strillo di taglio nella prima delle pagine milanesi di Repubblica di oggi (a colori forse anche per l'occasione...):
Milano capitale dell'ictus

E son soddisfazioni!

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Check in

Da qualche ora sono a Tel Aviv. E mi sembra di essere arrivato in una grande città a Ferragosto. Non fosse per le bandierine con la stella che sventolano dai finestrini della auto sui quali sono applicate con un ingegnoso oggettino di plastica. Il secondo giorno di festeggiamenti per l'anniversario dell'Indipendenza ha svuotato le strade e reso ancora più pesante una cappa di umidità grigia. Dicono, i tassisti che finora sono stati i miei principali interlocutori, che questa sera tutto sarà molto più animato; come gli italiani, anche gli israeliani amano cambiare donna spesso. Risata pesante.

Non fosse per quelle bandierine, appunto, sembrerebbe una città come un'altra. E anche l'evento sportivo per il quale sono stato inviato dal mio giornale, le Final Four di Eurolega di basket, un'occasione come un'altra. I controlli di polizia annunciati (3500 uomini, 22 check point attorno alla Nokia Arena, il vecchio palazzo di Yad Eliyahu con un nome nuovo di marketing) per il momento non ci sono. O, almeno, non sono assolutamente visibili. L'hotel dove risiedono le squadre è il solito porto di mare, con gruppi di turisti dello Jewish Center di Detroit che si mescolano ai giganti che dopodomani andranno in campo. A meno che non mi abbiano applicato una cimice tra i capelli, a mia insaputa, non sono mai stato controllato, né fermato, né qualcuno mi ha ancora chiesto che cosa ci faccia e perché.

Mi guardo attorno con curiosità, ben più che con preoccupazione. E mi ritrovo in situazioni paradossali. A Malpensa, questa mattina, la porta di imbarco per il volo per Tel Aviv era attaccata all'altra per Teheran. A sinistra, i giovani ebrei che, avvolti nei pastrani bianchi a righe nere, pregavano scuotendosi avanti e indietro; a destra, donne con il velo sedute a guardia di nugoli di ragazzini. Io in mezzo. Uno straniero. O, più semplicemente, un cittadino di un mondo che non ha più luoghi unici, definiti, esclusivi; non ha più confini.

Per evitare la coincidenza con le Final Four, il partito di maggioranza ha spostato dal 29 aprile (giovedì, quando si disputeranno le semifinali e il Maccabi Tel Aviv affronterà il Cska Mosca) al 2 maggio il referendum sul piano di Sharon per rimuovere gli insediamenti dai Territori occupati. Il basket è, in effetti, lo sport nazionale: per organizzare e mantenere a Tel Avivi queste Final Four, malgrado il peggioramento della situazione in Medio Oriente, sono stati mossi tutti i canali diplomatici: alcuni osservatori hanno affermato che la semifinale avrebbe ridotto l'afflusso alle urne, amici giornalisti del posto mi garantiscono che fra i politici ci sono molti tifosi e che le Final Four sono una passerella importante, alla quale non si può mancare.


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23.4.04

Il mestiere di leggere

Oggi mi sento in festa. E, come altri che partecipano alla giornata mondiale del libro e del diritto d'autore, proverò a intasare il server di minimumfax che, per la sola durata di 24 ore, mette in vendita i suoi libri al 50%.

Ieri, parlando di che cosa si potrebbe inventare per il futuro, il mio amico più caro credo mi abbia fatto il regalo più bello dicendomi:
Potresti fare il suggeritore di libri: incontri a cena o a un aperitivo cinque-sei persone e le incanti con le descrizioni di quello che hai letto e soprattutto dei libri che vorresti leggere e già proponi loro come qualcosa di simile a dei capolavori. Se diventasse un'occupazione regolata da un albo con uno statuto regolare, ci potresti vivere.

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A cuor leggero

Martedì partirò per Tel Aviv, obiettivo Final Four di Eurolega di basket. All'andata prenderò un volo Alitalia, al ritorno (dopo 5 giorni di soggiorno in Israele) un volo El Al. Bene, questa sera l'Ansa ha battuto questa notizia:
MO: ISRAELE, SU AEREI EL AL DA GIUGNO DIFESA ANTIMISSILI

(ANSA) - TEL AVIV, 22 APR - Un sistema di difesa antimissili
è in corso di installazione sugli aerei della compagnia di
bandiera israeliana El Al, nel timore di attentati terroristici
in volo: lo hanno indicato oggi fonti del ministero dei
trasporti di Gerusalemme.
Il primo aereo con a bordo il sistema, messo a punto dall'
Industria militare israeliana (Imi), sarà disponibile a giugno.
Progressivamente, tutti gli aerei della El Al saranno muniti
del sistema 'Guardia in volò, che prenderà automaticamente
contromisure se i sensori a bordo individueranno missili terra-
aria diretti contro il velivolo.


Visibilmente sollevato, sono andato sul sito di Haaretz, il quotidiano più popolare in Israele, per leggere le ultime sull'attacco delle Forze di Difesa israeliane a Gaza che è costato la vita, tra gli altri, a due bimbe palestinesi, di 9 e 4 anni, e a un ragazzo di 16 anni. Il quarto capoverso della notizia è il seguente:
The IDF said Palestinian gunmen, operating near crowds of youngsters, had hurled grenades and fired automatic weapons and an anti-tank missile at the soldiers, who shot back at them.
"We did not fire at [residential] buildings or children," an IDF spokesman said.


Questo è quello che si legge su un altro lancio dell'Ansa:
Con gli ultimi due decessi (2 bimbe palestinesi di 4 e 9 anni, uccise a Gaza dalle Forze di Difesa israeliane) in ordine di tempo, è salito ad almeno 3.933 il numero complessivo delle persone uccise negli oltre tre anni e mezzo trascorsi dalla fine del settembre 2000, quando ebbe inizio la rivolta palestinese chiamata "Intifada di al-Aqsa", tuttora in corso. Tra i morti, 2.964 erano palestinesi e 899 cittadini d'Israele.


Ora, se malgrado le rassicurazioni ufficiali che i soldati non hanno sparato ad altezza bambino, perfino Kofi Annan stasera ha alzato la voce, "denunciando l'uso sproporzionato della forza da parte di Israele", qualcosa vorrà dire. O no?

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22.4.04

Promozione d'altri

Di Saltimbanco, hanno scritto in tanti in Italia negli ultimi mesi (segnalo Valerio Cappelli del Corriere della sera, un amico fraterno), ma ammetto che la migliore è Laura Putti di Repubblica. Lei ha visto lo spettacolo di Lione, io quello di Zurigo due mesi prima, ma ho deciso di non leggere troppi articoli di altri prima che i miei venissero pubblicati per non farmi influenzare. Oggi l'ho ripreso, è uscito su Repubblica del 14 aprile, ed è il meglio riuscito, il più felicemente rappresentativo:
Pur essendo una creazione di dodici anni fa,Saltimbanco riassume principi e intenti del Cirque. E' uno spettacolo ottimista e gioioso, che celebra l'energia vitale come antidoto alla violenza del ventesimo secolo. Ci sono numeri acrobatici perfetti, ma anche molta musica dal vivo (fiati, chitarra, basso, batteria, tastoere e una cantante tra opera e pop); ci sono costumi strepitosi e colorati al di là di tutte le mode, e maschere che sembrano uscite dalla commedia dell'arte (...).
Poi arriva il numero delle quattro pertiche (visto a Sanremo), uno dei più belli tra tutti gli spettacoli del Cirque. venti acrobati passano da una pertica all'altra, come scimmie, come uccelli. Si lanciano, si arrampicano, scivolano, danzano, saltano. E' un virtuosismo assoluto e spettacolare in mezzo a una musica assordante. Sono pesantemente truccati e le loro tute aderenti, rosse e gialle, come infuocate, sono esse stesse uno spettacolo.

Chapeau, anzi Chapiteau...

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Autopromozione

Saltimbanco




Vanity Fair, in edicola da oggi, pubblica un mio servizio di presentazione di Saltimbanco, lo splendido spettacolo del Cirque du soleil che, per la prima volta in Italia, debutterà giovedì 29 aprile a Milano (area spettacoli di piazzale Cuoco). Da oggi per un settimana andate in edicola a comprare il giornale; poi andate a vedere lo show: è bellissimo, ottimista, luminoso, colorato, divertente, per bambini e (soprattutto) per grandi. Da non perdere

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Technorati, il Beta

A proposito di test, mi sono lanciato anche nel Beta di Technorati. Non essendo un tecnico, provo a vedere se ho capito tutto quello che serve.
  • Rispetto all'uso libero che se ne faceva prima, adesso si richiede un'iscrizione gratuita (per ora)

  • E' possibile promuovere il/i propri/propri blog e farne verificare i link che riceve dall'esterno, con la medesima suddivisione precedente: generici e diffusi all'interno dello stesso sito

  • Sono state sviluppate le funzioni di ping, così si dice, per aumentare la rapidità nell'indicizzazione dei contenuti

  • La cosa più interessante mi sembra la possibilità di creare gratuitamente tre watchlists, elenchi in cui si riportano le cosiddette conversazioni tra blog su determinati argomenti: se non ho capito male, è news aggregator mirato, su richiesta. Utili esempi generali si possono trovare nell'area libera dei Servizi: sono aggregati i dibattiti sulle principali notizie del giorno, sui libri più letti tra i blogger e sugli eventi del momento.



Sbaglio o ci avviciniamo sempre di più al web semantico? In attesa che qualcuno mi risponda, mi sembra importante che, rispetto all'impostazione precedente, la versione Beta di Technorati sia più chiara e comprensibile anche per chi, come me, conosce le nozioni di base. E non è poco.

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GMail anch'io

Pur consapevole delle riserve di Cesare Lamanna, sto verificando, su invito (arrivato a me come credo ad alcune migliaia di persone, Mantellini compreso) la webmail di Google. Un numero, una cavia globale, un'identità? Mi sembra che il funzionamento sia rapido e molto semplice. Ho deciso così di farla diventare la nuova casella di e-mail di Fuoridalcoro, non prima di aver ringraziato la Rete Civica Milanese per l'ospitalità che mi ha dato finora.

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Il Paese di un'ora

Scrive Thomas Fuller sull'Herald Tribune di sabato scorso:
Last December at a news conference in Rome, Italy's prime minister, Silvio Berlusconi, introduced Anton Rop, the prime minister of Slovenia, which is directly above Italy's notheastern border.
"I'me very happy to be here today with the prime minister of Slovakia", Rop recalled him saying, adding politely in a recente interview, "It was very strange. We asket journalist not to mention it in their reports".

Al di là dell'ennesima perla del nostro presidente del Consiglio, l'aneddoto inquadra il problema d'identità che la Slovenia, a dieci giorni dall'ingresso in Europa, affronta da anni. Nell'articolo dell'Iht si racconta del concorso governativo per cambiare la bandiera, molto simile (come il nome) a quella della Slovacchia: tre strisce orizzontali, bianca, blu e rossa. E del tentativo di marketing istituzionale di creare un brand che renda interessante un Paese di appena due milioni di persone. L'idea è quella dell'"one-hour country". Il Paese è così piccolo, che qualsiasi cosa - le montagne, le spiagge dell'Adriatico, la capitale Lubiana - sono raggiungibili in una sessantina di minuti. Janez Potocnik, futuro rappresentante sloveno nella Commissione europea lo descrive come una nazione "con un'attitudine alpina centro europea, con uno spirito mediterraneo e un'anima balcanica".

Sono rientrato da poco da Lubiana e ho trovato questa descrizione perfettamente adeguata. Lo spirito mediterraneo è prevalentemente italiano, in un luogo nel quale si mangia (generalmente bene) e si parla con i nostri cibi e la nostra lingua. L'anima balcanica si trova negli innumerevoli bar in cui la gente si ritrova dietro ogni angolo (ma meno fumosi e rumorosi di quelli di Belgrado, dove praticamente si vive per buona parte della giornata), e in un idioma addolcito rispetto a quello aspro e tagliente che ho sentito parlare in Serbia o in Croazia. L'attitudine centro europea è visibile nelle chiese e, in generale, in un'architettura lineare e imponente, con numerose e piacevoli presenze Decò.

Lubiana è una città che vive molto all'aperto, ideale per un flaneur contemporaneo, in cui si approfitta appena si può dei rari momenti di tregua concessi dalla pioggia e da un cielo sempre scuro. A prima vista ricca, comunque benestante. E' giovane (credo di non aver mai visto, domenica mattina, una concentrazione così alta di carrozzine con bambini per centimetro quadrato!) e giovanile: piena di gallerie d'arte che danno spazio agli studenti dell'Accademia; di locali molto curati, dal design occidentale; di ristoranti nei qualli la tradizione è mescolata con la ricerca di nuove soluzioni, ma senza eccessi creativisti. Vi si parla correntemente l'inglese, molti usano l'italiano e il tedesco con facilità. E non esiste immigrazione extra-comunitaria.

Nessun razzismo da parte mia, sia chiaro, questo è semplicemente un dato di fatto che ha una conseguenza pratica immediata: i ragazzi sloveni fanno qualsiasi tipo di lavoro, dai venditori di mandorle tostate agli inservienti nei ristoranti o nei bar. E una morale, più a lungo termine: crea un'identità molto più solida, determinante per qualsiasi progetto di integrazione europea.

Questa considerazione mi ha fatto tornare alla mente una notizia che ho ascoltato durante un giornale radio della Rai la scorsa settimana. Si descriveva un tentativo di rapina o forse di rapimento nei confronti di un imprenditore del Lecchese. E si concludeva pressappoco così:
Gli inquirenti stanno cercando di risalire ai responsabili del fatto: due uomini con voce giovane e accento italiano.


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16.4.04

Riferimenti

Il blog di LiaAnch'io sono arrivato al Blog di Lia attraverso il passaparola. L'ho seguito per qualche giorno, cercando anche di capire perché piacesse tanto e fosse diventato un piccolo fenomeno per la comunità. Lia è la rappresentazione dell'eterno sogno di fuga, del desiderio di andare a cercare altro da sé, che si realizza; ma in qualcosa di rischioso, avventuroso, davvero differente, e per questo molto concreto, vero, reale.

Questa è la mia risposta, non vale per tutti. Ma intanto getta una luce diversa sui fenomeni che si sviluppano all'interno dei blog e sulla loro valutazione. Un anno fa, il posto di Lia era occupato da Massaia, anche quello diventato famoso grazie al passaparola, partito peraltro da blogger di grande popolarità: era un weblog "costruito", un esercizio, probabilmente anche un calcolo; diciamolo pure, divertente ma finto. Forse siamo cresciuti.

In più, il Blog di Lia si è rivelato per me uno strumento prezioso. Fra dieci giorni dovrò andare a Tel Aviv per lavoro e i link che lei indica ai giornali, alle tv e ai blog arabi sono fondamentali. Non solo per le ultime notizie, ma per conoscere aspetti che difficilmente si leggono sulla stampa internazionale. Ieri, ad esempio, sul sito di Al Jazeerah ho letto un bellissimo articolo sulla triste Pasqua di Gerusalemme, la Città Santa. Pochissimi turisti, ancora meno abitanti del posto, quasi tutti a vedere in casa il Dvd di The Passion, il film ufficialmente non messo al bando dal governo israeliano, ma come se lo fosse, oppure in un hotel della zona Est della città che ha puntato la sua promozione per le feste sul pacchetto all included: soggiorno blindato e Mel Gibson in pay tv a getto continuo.

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15.4.04

Arredo urbano

Spesso, nei mesi scorsi, camminando per le strade di Milano, ho alzato gli occhi verso il cielo e ho visto ancora tante bandiere della pace appese ai balconi, diventando parti dell'arredo urbano, come un'aiuola o un lampione simil Déco. Non sono più brillanti come un anno fa, ma annerite, impregnate di smog, di cenere e di oblio. Perché neanche l'Italia che un anno fa le aveva esposte, oggi è la stessa. Di fronte a quel che è accaduto negli ultimi giorni in Iraq, dobbiamo scegliere: ritiriamole, e con loro anche le idee che le aveva fatte uscire, oppure ripuliamole e riappendiamole, ma con una forza nuova.

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7.4.04

Mangiare, discutere e capirsi

Qualche giorno fa ho scritto un post sui Cuochi da vetrina e l'eccessiva personalizzazione della gastronomia in Italia. Come esempio, avevo raccontato di una mia esperienza non proprio brillante in un ristorante di Bologna, Il Bargello del Marchese.
Come potete leggere nei commenti, lo chef del ristorante mi ha scritto una risposta. Gentile, corretta, coerente con il suo modo di intendere la professione. Presta però il fianco a qualche ulteriore considerazione che ho inviato a Rino Senatore per e-mail e che qui di seguito riporto.

Al di là del fatto personale, credo che questa sia una rara e ottima occasione per discutere direttamente con le persone e cercare di capirsi. Un altro punto a favore dei weblog.
Gentile signor Rino,
la ringrazio per aver commentato il mio intervento. Anche per aver definito "pure menzogne" cose che sono realmente accadute e avermi dato dell'incolto a proposito del mangiare. Mi viene da risponderle che molti parlano ma pochi sanno parlare, ma io (a differenza sua) non mi arrogo il privilegio di far riflettere nessuno, pur avendone eventualmente qualità e opportunità.

Ho la presunzione, questa sì, di non scrivere mai menzogne, per mestiere (sono giornalista da venti anni e non ho ricevuto una sola smentita o rettifica ai sensi della legga sulla stampa) e per onestà intellettuale verso chiunque. Dunque, la carta di credito nella mini cartellina con icona c'era eccome. Dunque, il filetto al Chianti, non solo si presentava male, ma aveva, lo ripeto, un sapore assolutamente anonimo. Così come gli altri piatti che ho scelto con la mia compagna non ci hanno lasciato nulla nella memoria, del momento e in quella successiva, da giustificare un prezzo così alto.

Sempre favorito dal mestiere, ma anche per diletto, da alcuni anni mi piace cercare chef che mi facciano mangiare bene prima ancora che riflettere: un po' di esperienza, il mio palato, l'ha fatta e non solo in Italia. E l'esperienza mi insegna che il gusto è un fatto del tutto personale. Se lei afferma che "nessuno le ha mai detto che il filetto assomigliasse a un mattone", questo può non significare che il mio non vi assomigliasse o che comunque a me desse, agli occhi e al palato, quella impressione, non crede? Rispetto il suo lavoro: essendo pubblico e soggetto quindi a un giudizio, si presta inevitabilmente a situazioni simili a questo, ma le sarei grato se lei rispettasse anche il "lavoro" di chi è suo cliente.

Di questo mio "lavoro", credo faccia parte anche l'attenzione alla cultura, giusto a quella riflessione che lei vuole sollecitare tra i suoi commensali, che circonda la tavola. Per questo, al di là del filetto mattonato al Chianti o dei paccheri al ragù di cinghiale, nel mio intervento avevo sottolineato un certo eccesso di personalizzazione, tanto più ingiustificato dai risultati del gusto. E l'ho fatto mettendoci il mio nome e il mio cognome, direi che è molto più di una faccia. Oltre che della cucina, forse avrà visto scorrendo questo blog che mi piace osservare anche la cultura della tecnologia: da sempre considero l'invito a non nascondersi dietro il video di un pc una vecchia solfa, anzi in questo caso un ingrediente scaduto e andato a male.

Le prometto che un giorno tornerò a trovarla e le rivelerò la mia identità, ma a una condizione: lo farò solo dopo che avrò pagato il conto. A presto, dunque.

Carlo Annese


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5.4.04

Dissenso

C'è chi fa polemica. C'è chi fa tendenza. Io faccio dissenso. Anzi, Dissenzoo. Il mio post a caldo sul derby di Roma sospeso per la voce fasulla è stato pubblicato da questa..., questo... Già, come definirlo? L'ho chiesto ad Antonello Tiscia, che ha selezionato il pezzo. Questa è la sua risposta:
D'zoo mag è un magazine online (in futuro free press cartacea) con un manifesto abbastanza semplice. D'zoo mag nasce nel luglio del 2003 e a quasi un anno sta cercando di inserirsi nel contesto nazionale con molta cautela e calma. D'zoo mag ha una redazione abbastanza modellabile e non fissa, escluso qualche elemento che ha dimostrato continuità nelle collaborazion (gratuite). Siamo in cerca di stabilità per quanto riguarda le pubblicazioni: al momento cerchiamo di aggiornare il sito quindicinalmente (ci stiamo riuscendo con un po' di fatica).


Che dite, li sosteniamo?

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3.4.04

Bello, stabile

Nel buio dei Grandi fratelli e dei Porta a porta, riesco a vedere ogni tanto in tv la lucina dalla finestra di Chetempochefa, la trasmissione in cui Fabio Fazio riesce a trattare in profondità, sia pure in poco tempo, temi importanti con ospiti ugualmente importanti. Questa sera, ad esempio, s'è parlato di carceri, ma anche di bello e di brutto, con Edoardo Winspeare, il regista anglo-salentino del Miracolo promotore di un'associazione (la Coppulatisa) per la difesa del paesaggio dagli obbrobri architettonici. E soprattutto con Vico Magistretti, uno dei più grandi designer del Novecento. Un uomo d'altri tempi, nel senso di talento, cultura, umanità. Leggerezza.

Ha raccontato, ad esempio, come ha avuto l'idea per realizzare la lampada Eclisse, un punto di riferimento per la cultura moderna. Nel '63 era in metropolitana a Milano ("perché io uso solo il metrò, l'unica cosa che funziona a Mialno") e ha avuto un'illuminazione mentre pensava alla lanterna di Jean Valjean, protagonista dei Miserabili di Victor Hugo. Ha fatto uno schizzo sul retro del biglietto e, uscito dalla fermata Conciliazione, ha chiamato un suo assistente in studio e gli ha descritto come combinare un paio di sfere. "Per quella lampada - ha detto Magistretti - non ho fatto un solo disegno". Anche per questo, forse, migliaia di persone si sono ustionate le dita. Magistretti lo ha ammesso, sorridendo divertito con il candore del talento e dell'età.

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