Elaborazione grafica di Guido Nestola

23.12.05

Il suicidio dei giornali


Tra gli editoriali del numero del 2 dicembre, Internazionale ha riportato questo breve ma efficacissimo ragionamento di William Falk, del >The Week. Letto e sottoscritto.
Ogni mattina metto su il caffè ed esco di casa per prendere due quotidiani. Anche se leggo i giornali da quando avevo dieci anni, ogni volta che li apro provo ancora un brivido di piacevole aspettativa. La generazione dei miei figli, invece, non ha l’abitudine del quotidiano e forse non l’avrà mai.

Internet continua a sottrarre lettori e spazi pubblicitari mentre il numero delle persone che leggono i giornali continua a diminuire. Il secondo gruppo editoriale statunitense, Knight Riddler, è stato messo in vendita e forse non troverà un acquirente. E’ l’inizio della fine dei quotidiani?

Se la fine arriverà, la causa del decesso non sarà internet. Sarà un suicidio. I quotidiani continuano a fare soldi a palate: il margine di profitto del settore è mediamente del 20%, in confronto al 7% delle società petrolifere e al 6% delle prime 500 aziende ei Fortune. Il punto è che i giganti editoriali che pubblicano quotidiani hanno reagito alle nuove sfide della concorrenza nel modo più stupido possibile: tagliando sulla qualità.

Stanno eliminando redazioni estere, reporter investigativi e redattori esperti; le pagine sono piene di riempitivi superficiali e di servizi insulsi. Il reportage ambizioso e lo stile tagliente scompaiono. Quotidiani un tempo magnifici sono diventati piatti e generici e continuano a perdere autorevolezza. Gli amministratori, che pensano solo a far contenta Wall Street, a ridurre i costi e ad aumentare i profitti, reagiscono sgomenti quando si accorgono che le tirature continuano a calare.

Volete sapere una cosa? La gente smette di comprare i giornali solo quando non ci trova più niente di nuovo e interessante.

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13.12.05

Splinder

Ero pronto.
A scrivere il de profundis per questo blog.
A definire ormai chiusa un'esperienza fortemente individuale, malgrado i numerosi contatti acquisiti con il tempo, e limitata nelle conoscenze e nelle opinioni.
Ad annunciare l'imminente apertura di un blog istituzionale e comunitario nel quale vorrei riversare le riflessioni fatte da solo e con altri da queste parti della rete sull'utilità dei weblog, sulla loro funzione pseudo-giornalistica e sulla necessità di farne davvero un'occasione di giornalismo.
A rinunciare alle comodità pantofolaie e multilingue di Blogger.com, per tuffarmi nel meraviglioso mondo di Splinder.com, partner ideale e commerciale dell'istituzione sotto la cui egida andrò a infilarmi.

Ma appena ho provato a entrare in Splinder, con il mio bell'UserID e la mia ancora più bella password, ho trovato la seguente comunicazione:
Stiamo lavorando per migliorare il servizio. Ci scusiamo per il ritardo. Riprova a connetterti tra poco.
E poi dice che uno non si deve incazzare. Io, fossi in me, resterei ancora un po' da queste parti.

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28.11.05

Melbourne, The place to be - 5 / La natura

La notizia del giorno, in città, è che una famiglia di anatre, con 8 anatroccoli, ha occupato il laghetto dei Treasury Gardens e le sue immediate vicinanze. Occupato è il verbo giusto, poiché il babbo (credo) cercava di caricare, abbassando il collo, allargando le ali come fosse un toro e puntando con il becco, chiunque si avvicinasse al gruppo e portasse una lontanissima minaccia ai suoi piccoli: altri uccelli, donne, bambini, uomini. Me compreso. Ho avuto la bella idea di rivelarlo al cameraman di Ten News, il quale mi ha chiesto di ripetere il ... miracolo mentre lui avrebbe acceso la telecamera. Il tentativo di aggressione difensiva è puntualmente avvenuta. Passerò alla storia della tv di Melbourne.

Per quanto buffo, è stato uno dei rarissimi momenti in cui la natura della città mi è parsa aggressiva. Al contrario, il verde e l'enorme qualità di specie di uccelli (purtroppo ne conosco così poche, da non poter descrivere quante ne ho viste, tutte diverse) contribuisce a rendere piacevole un paesaggio bellissimo e all'insegna dell'informalità. A decine passeggiano con le infradito, e anche chi lavora sembra dia la giusta attenzione all'abbigliamento. Forse perché concentrano tutto in alcune scelte di pessimo gusto, tipicamente inglesi, per partecipare alle tante "functions" (compleanni, matrimoni e in questo periodo mi dicono molti parties natalizi, organizzati dalle aziende) che si tengono a catena nelle sale dei principali alberghi cittadini, in orari per noi incomprensibili. Capita così di incontrare signore con abiti da tarda sera, con scollature vertiginose di serie, alle due del pomeriggio.

Non c'è stato, però, nulla di peggio delle mosche in queti giorni. Sono numerose, insistenti, appiccicose, si attaccano in faccia, entrano nel naso, provano perfino a infilarsi dentro gli occhi. Ricordo il viaggio del 1994 ad Ayers Rock. Fui colpito dalla quantità pazzesca di questi insetti che sembravano incollati alla faccia dei pochi aborigeni abbandonati nella piazza del paese in un primo pomeriggio torrido. Fui costretto ad acquistare un cappello dotato di una retina per vedere la grande pietra che spunta dal deserto evitando di muovere le braccia come pale di elicotteri per liberarmi dall'assedio delle mosche. Infernali.

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27.11.05

Melbourne, The place to be - 4 / Skyline

Domani si parte e io non ho molta voglia di tornare. L'atmosfera informale e rilassata di questa città non è certo simile a quella nevrotica e impersonale di Milano. Ha ragione Lorenzo, un amico architetto che si è traferito qui due mesi fa da Bologna: la sensazione di respirare ogni giorno aria pura è straordinaria e vale a compensare il disagio dato dalla distanza di migliaia di chilometri dalla terra in cui si è nati. Per lui, a Melbourne tutto è più semplice, meno burocratizzato, soprattutto più aperto al talento, a differenza di quanto accade da noi, dove, se non sei il figlio di qualcuno o non hai le amicizie e le parentele giuste, non hai opportunità di emergere. L'età conta pochissimo, al contrario questo è un Paese di età media molto bassa, nel quale è normale che una donna di 34 anni sia a capo di uno degli studi di architettura più importanti del continente.

Immagine tratta dal sito Fondazione Nicola TrussardiIn effetti, a proposito di architettura, si avverte una sensazione di ritardo. I grattacieli che spuntano attorno al centro squadrato sono nati vecchi, costruiti cinque anni fa con uno stile e una filosofia da Anni 80, frutto della scuola di un olandese che tuttora insegna all'Università di Melbourne. Mi sembrano l'evoluzione in bella copia delle grandi strutture dei sobborghi berlinesi tra le quali è ambientato il video Long sorrow dell'albanese Anri Sala, che ho visto al Circolo filologico milanese prima di lasciare l'Italia. Ma proprio perché rispondono a una scuola unica, danno al paesaggio cittadino un'armonia di fondo, risparmiano all'occhio contrasti stridenti, opposizione violente, favendo quella piacevolezza di fondo.

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25.11.05

Melbourne, The place to be - 3 / La società

Cosmopolita, aperta, solare, d'accordo. Nel pieno centro della città, c'è un'enorme porta rossa che segna l'ingresso a Chinatown, e va bene. In un ristorante di medio livello non si mangia con meno di 40 euro. La gente è molto ben vestita, nella stragrande maggioranza all'europea, senza alcuna eccesso, anzi con una misura inconsueta per un Paese con una forte presenza britannica. In generale, Melbourne è una città cosmopolita, con una presenza di orientali in apparenza non invadente e una dignità anche nei primi sobborghi di periferia.

Oggi sono andato a Richmond, dieci minuti a piedi dai bellissimi Fitzroy Gardens, dove si può visitare il cottage del capitano Cook, costruito nello Yorkshire nel 1755 e trasportato qui nel 1933. Dovevo cercare una signora, e l'ho trovata in una strada di piccoli cottage modesti. Pensavo che quello fosse il suo ufficio, in realtà era la sua abitazione. I cancelletto era aperto, l'ingresso dava su un passaggio-cortile che gettava su due porte: la prima era spalancata su un soggiorno con una grande libreria vecchia zeppa di dorsi; l'altra dava direttamente sulla cucina. Sul tavolo una coppa ricolma di frutta e corn flakes. La signora è una scrittice per bambini, e sembra uscita da uno dei suoi racconti: capelli rosso mattone, una voce cantilenante e un inglese assai indulgente nei confronti dello straniero. Non mi aspettava, ma in nome di un'amica comune italiana mi ha aperto la sua casa e ha ricordato il periodo trascorso a Milano nel suo appartamento, usando una frase che mi piacerebbe ricordare per sempre: "Che meraviglia! Questa mattina il mondo ha bussato alla mia porta".

Immagine tratta dal sito Ponte alle GrazieEppure qualcosa mi sfugge. Mi sembra che manchi al panorama un elemento fondamentale. E finalmente ci sono arrivato, leggendo un libro molto interessante che ho portato con me dall'Italia, Terra di nessuno, di Sven Lindqvist, edito da Ponte alle Grazie: non c'è traccia di aborigeni.
Nemmeno nel libro se ne parla, a proposito di Melbourne. Gli aborigeni sopravvisuti alla massiccia politica degli inglesi-australiani di distruzione della loro identità e cancellazione della loro presenza (prima con i fucili, poi con l'alcol, poi rapendo i bambini o con altra violenza legalizzata) dalla terra in cui abitavano, sono concentrati nella zona occidentale del continente, fra il deserto rosso e le coste umide. Sono i superstiti di quella che Lindqvist definisce "una società detentiva", nella quale tutt'ora i monumenti di interesse turistico sono le carceri che erano servite prima per i detenuti inglesi deportati nel Settecento e poi per i "negri". A Melbourne, tutto questo non si vede.

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24.11.05

La leggerezza di un Orso

Immagine tratta da 35mmCapisco che per i tedeschi interrogarsi sul proprio passato, soprattutto sul modo in cui il nazismo ha fisicamente ucciso le passioni delle generazioni, sia un esercizio talmente raro da meritare un'attenzione speciale. Spesso anch'io preferisco sottolineare il rilievo del messaggio di un film rispetto a certe sottigliezze stilistiche. Ma da qui a premiare con l'Orso d'Argento un film, un titolo assai considerevole, un film zeppo di errori, leggerezze, sviste tecniche ma anche concettuali, mi sembra troppo.

La rosa bianca - Sophie Scholl è senz'altro un film importante. Dubito, però, che nel tempo in cui si deportavano migliaia di ebrei e se ne faceva cenere nei campi di sterminio, non ci sia stata l'ombra di una tortura, di una privazione, di una violazione delle libertà individuali nel corso di tre giorni di interrogatori con una giovane studentessa di Ulm. Non è credibile che, a parte qualche scatto d'ira di un capo della polizia nazista, l'eroina protagonista non abbia subito violenze o tentativi di strapparle una verità così grave da portarla in 72 ore alla ghigliottina. Per non parlare dell'ultimo interrogatorio mattutino, nel quale un montaggio impietoso ha messo in evidenza per almeno cinque minuti un errore che nemmeno l'allievo più scadente di una Scuola di Cinematografia. Il libretto rosso del Codice penale, mostrato dall'inquisitore a Sophie, da un'inquadratura all'altra continuava a danzare ora al centro del tavolo ora sul lato destro dell'inquadratura. Leggerezze certo non degne di un Orso.

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Melbourne, The place to be - 2 / Gli spazi


Melbourne è una combinazione di gigantismo americano e antiche, cortesi abitudini inglesi. I mall non sono fastidiosi, al contrario vivibilissimi. La prima sensazione che colpisce riguarda l'uso dei grandi spazi. Sembra una considerazione banale in un continente enorme, occupato da una quantità minima di persone. In realtà, anche nel centro squadrato in cui davvero non si perderebbe neanche un bambino (altro che Berlino di Bonetti e Dalla!), è tutto molto accogliente, per non dire enorme.

Ieri una classe di studentesse di una media (qui esistono collegi, con divise e colori associati obbligatori) ha trascorso la mattinata in un'enorme libreria appartenente a una catena nazionale. La responsabile del negozio ha tenuto una breve lezione su che cosa significhi gestire una libreria, dai codici Isbn alla necessità di leggere buona parte dei libri in vendita per poterli suggerire ai clienti. Poi le ragazze e le insegnanti si sono sedute per terra, distese sulla moquette, appoggiate sulle poltrone disseminate davanti a ogni spalla di libreria. Durante la mezz'ora che ho trascorso lì dentro, curiosando tra gli scaffali, loro hanno chiacchierato amabilmente di libri e sfogliato ogni tipo di pubblicazione. Mi sembrava di sognare.

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Melbourne, The place to be - 1 / Il gusto

Lo so, è sufficiente che metta il naso fuori da Milano per innamorarmi di un luogo nuovo. E so anche che, dopo i primi tre giorni in cui mi piace tutto, anche lo stridio dei tram in curva sulle rotaie, ne comincio a scoprire i lati negativi, mi disamoro un po', finalmente parto. Melbourne, però, sembra possa sfuggire alla seconda parte di questo esito ricorrente. E' talmente bella, luminosa, spaziosa, piacevole e rasserenante, che, anche se dovessi vedere un enorme serpente velenoso attraversare la strada in pieno giorno, farei finta di niente.

Verde, parchi dovunque, centinaia di persone di ogni età che corrono all'ora di pranzo in canotta e mutande, avendo spogliatoi e docce negli uffici del centro, e poi il gusto. I quotidiani australiani, che hanno quasi ogni giorno una rubrica epicurea, insistono sul fatto che Melbourne sia la capitale glamour dell'Australia, e si vede.

I ristoranti sono curatissimi, eleganti, con una netta prevalenza di arredi in legno scuro e un'illuminazione che in Italia non si riesce a trovare tanto curata e discreta.

La cucina è di buonissimo livello, in prevalenza di origine italiana (oggi, da Cicciolina, a St.Kilda, una mini San Diego, la spiaggia a quindici minuti di tram dal centro città, ho gustato delle Orecchiette con cavolfiori, bacon, mandorle a pezzetti e mini spinaci in foglia, di leggerezza strepitosa, per me che sono abituato alle orecchiette con le cime di rape ed ettolitri di aglio e olio bollente) o con qualche elaborazione orientale molto equilibrata.

Tanti vini sono eccellenti, a qualsiasi prezzo: un Heartland Shiraz, assaggiato ieri nel grande Centro d'arte e cultura di Victoria Square, a 4.5 euro il bicchiere, è tra i nettari migliori che abbia mai assaggiato. Gli iniziali profumi di ciliegia matura viravano in amarena sciroppata per assestarsi in una liquirizia rotonda e dolce: il tutto si ritrovava in bocca, dove l'annata giovane (un 2004) tradisce solo un po' di alcol in eccesso, che sfumerà presto.

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21.11.05

Il sole del cuore

Ci sono molti modi per ammettere la schiavitù da se stessi, la prigione del proprio destino. Si può piangere, ammettendo la sconfitta, rinunciando a entrare in campo. Si può tentare la fuga. Si può rimanere immobili. Oppure si può provare a cambiare quel destino e scoprire quanto sia impossibile tornare indietro, rimanendo succubi della propria rabbia, del proprio passato, rassegnati all'inevitabile.

E' ciò che fa il protagonista di Tutti i battiti del mio cuore, film noir francese di Jacques Audiard, con molti tentativi riusciti di aggiungere trama, dialoghi e interiorità. "Immobiliarista" si definisce (in realtà, partecipa a sgomberi violenti, lanciando topi nelle abitazioni e pugni agli abitanti), stressato e sempre ad alta velocità, come il ritmo della musica che si spara nelle orecchie, spesso solitario. Un fortuito incontro con l'agente della madre, ex pianista di successo, gli fa tornare alla mente la possibilità di riprendere a suonare, per un provino. A questo punto, ci sarebbero gli ingredienti per una virata a lieto fine: il potere rigenerante della musica, l'ex violento che si redime, dragando le profondità del sé. Ma non arriva, anche se una sapiente costruzione cinematografica ce la fa annusare. Il bruto resta tale, mentre la sua dolce maestra che parla solo cinese ama così tanto la musica, da diventare una concertista di successo. E quando sembra che almeno i buoni sentimenti stiano per trionfare, ecco il finale a sorpresa. Approfittando di un nuovo incontro fortuito, questa volta con il boss russo che mesi prima aveva punito il padre, il protagonista si fa vendetta da solo e poi va a sedersi, insanguinato ma sazio, in prima fila per ascoltare il concerto dell'amata ex maestra. Non si può tornare indietro, il marcio resta nel sangue, la rabbia non sarà mai vinta. Film bellissimo nella rappresentazione della dannazione.

Immagine tratta da reflections.itUn altro modo è quello di cercare un altrove, nella propria testa, senza però mettersi al riparo dalla condanna definitiva del destino. La biologia marina, per esempio, in cui si rifugia l'imperatore Hirohito, stupito protagonista dei Il sole, del regista russo Alexander Sokurov, un altro film, di una lentezza nient'affatto esasperante, che mi è piaciuto moltissimo. Dentro una luce irreale, sempre più nebbiosa, ingrigita, polverosa, come se le ceneri delle macerie che si accumulano attorno alla residenza imperiale e soprattutto quelle della vita di Hirohito si addensassero nell'aria davanti alla telecamera, si consuma il tentativo dell'imperatore di abbandonare il suo stato di divinità nelle ultime ore prima della resa alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Più che il lungo dialogo con il generale Mac Arthur, la chiave sta nella penultima scena in cui il protagonista annuncia sollevato alla moglie di aver registrato in un nastro la sua scelta. Ma il suo primo consigliere, di fatto un vero e proprio guardiano del rito e del mito, gli dice: "Quell'uomo ha fatto harakiri". "Ah!" replica lui, prima di sgambettare via, l'ennesimo dei tanti gesti infantili che lo rendono incredibilmente simile a Charlie Chaplin del Grande dittatore ("Ciao, Charlie" lo salutano i giornalisti americani che lo fotografano davanti al giardino di casa. Ma Charlie è anche il modo in cui i marines chiamavano i vietnamiti..), mano nella mano con l'imperatrice.

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18.11.05

Neonato

Dopo lungo travaglio, è nato un blog collegato a questo. Il titolo, per il momento, è Letti per sport. Ma è suscettibile di modifiche, suggerimenti, proposte, che si attendono sia qui, nel sito-babbo, sia in quello figlio.

Letti per sport nasce come spazio per recensioni, annunci, critiche, tutto ciò che ha a che fare con la cultura dello sport. Dunque, non solo libri, ma anche teatro, cinema, arte, legati allo sport. Proprio per questo mi piacerebbe che fosse aperto a collaborazioni esterne.

Si comincia con un'anteprima, che condivido con Repubblica e La Gazzetta dello Sport (il distico di accompagnamento a un estratto del testo, pubblicato dalla "rosea" è la traccia iniziale della recensione di Letti per sport). Quando c'era 90° minuto, un bel libro di Antonio Dipollina edito da Sperling & Kupfer, che sarà disponibile in libreria da lunedì 22 novembre.

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16.11.05

La Repubblica dell'Immaginazione

Scrive Azar Nafisi, autrice di Leggere Lolita a Teheran, su Repubblica dell'8 novembre:
Secondo me le opere di narrativa rimuovono qualsiasi barriera, trascendono la nazionalità, la religione, l'etnia, il genere, la classe o la razza. Io credo in una Repubblica dell'Immaginazione, nella quale gli individui - indipendentemente dal loro luogo di nascita e dalla lingua che parlano - possono entrare in rappporto gli uni con gli altri, vivere gli uni a fianco agli altri, per mezzo della fantasia, dei valori e delle passioni universali che condividono. La cultura prospera e si arricchisce nell'interazione con le altre culture, che devono essere osservate con occhi nuovi e quindi ridefinite in nuove prospettive. In questo ambito i lettori non possono limitarsi a leggere i libri che sono espressione della loro cultura, perché accanto e in parallelo a dove vivono vi è un'altra Repubblica, quella dell'Immaginazione, nella quale Dante, Flaubert, Fitzgerald, Goethe, Shakespeare e Rumi vivono l'uno accanto all'altro, indipendentemente dalla loro nazionalità o dalla loro lingua. Si tratta in altre parole dell'universalità della cultura, della letteratura, in contrasto con un mondo che ha imparato a definirsi in modo angusto, nel quale le culture possono facilmente diventare incomunicabili.


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13.11.05

iPod

L'ho comprato, con il ritardo tipico di chi cerca disperatamente di non omologarsi. Ho provato a immaginarmi, mentre il bimbo si caricava, con gli auricolari bianchi, simile a tanti ragazzi (e già questo, alla mia età...). Mi sono chiesto quanto durerà l'entusiasmo dell'inizio e quanto sarò disposto a spendere per farmi subito risucchiare dal vortice dell'acquisto degli mp3 in rete.
Insomma, arrivo tardi, come al solito, ragionandoci sopra un po' troppo. E, sempre come al solito, mi chiedo già in quale modo possa trasformare questo iPod in un mezzo e non solo in un fine (personale): producendo io contenuti e non solo subendoli. Qualche risposta l'ho trovata. Vedrò se riuscirò a trovare anche l'energia e il tempo per realizzarla, ciò che oggi manca a questo weblog per continuare ad avere un senso. Mumble mumble.

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3.11.05

Amici dei blogger


Sullo Shanghai Daily, trovo per la prima volta un link ad usum dei bloggers, accanto a quelli classici a favore dell'usabilità (stampa, email) in calce agli articoli dei giornali online. Chi vuole citare la fonte e la notizia, può copiare da una finestra un contenuto predefinito dalla testata, qualcosa in più di un puro permalink. Eccone un esempio:
Blog this Article
PermalLink URL for this article:
http://www.shanghaidaily.com/art/2005/11/03/210075/
Cheng__039_s_failed_move_costs_dear.htm


Here's some handy HTML you can copy and paste to make blogging about this page a bit easier.


To get this:

Cheng's failed move costs dear by Zhang Shunyi -- HOPING to trademark a gymnastics maneuver, China's Cheng Fei tried a complex new move for the first time in the women's vault at the East Asian Games in Macau yesterday, and it cost her a gold medal.

Copy and paste this code:

Cheng's failed move costs dear by Zhang Shunyi -- HOPING to trademark a gymnastics maneuver, China's Cheng Fei tried a complex new move for the first time in the women's vault at the East Asian Games in Macau yesterday, and it cost her a gold medal.



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In viaggio


Una ragazza sorride al mio fianco, notando che guardo con insistenza verso l´alto un punto fermo che non arriva mai. Mi dice, con un inglese sorprendente: "Sulle scale mobili della metropolitana di Mosca si puo´ leggere un´intera pagina di un saggio di politica internazionale".

All´aeroporto di Vienna, accanto al controllo passaporti, e´stato aperto un sexy shop senza coperture. Inutili?

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31.10.05

Venerdì 11/11: una cena a base di pollo

Farò di tutto per partecipare alla cena a base di pollo, l'iniziativa che Michele Marziani ha lanciato per combattere la psicosi della pandemia con un bollito di amicizia e di gusto. Per intanto, la sostengo e la rilancio qui, nella speranza che qualcuno (soprattutto cuochi e cuoche) raccolgano appello e sollecitazioni a far andare i fornelli.

Come ha già fatto Michele, ricavo la foto a destra dal sito Biozootec, a cui rimando volentieri il link.

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L'aria dei pneumatici

Presentando C'era una volta l'Urss, reportage lungo le strade del grande Paese, compiuto cinquant'anni fa a bordo di una Simca familiare e pubblicato ora dal Saggiatore, Dominique Lapierre racconta a Oreste Pivetta, de L'Unità:
Un'immagine? L'erba sulla strada asfaltata, appena dopo il confine. Non ci passava mai un'auto e l'erba tingeva l'asfalto di verde. O la donna che ci chiese di sgonfiare la gomma della nostra Simca per poter respirare un po' dell'aria di Parigi.


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Il cinema, Pasolini e Bertolucci

Ero a Roma, in quei giorni d'inizio novembre del '75, in vacanza con la famiglia. Come al solito, i miei genitori erano partiti all'avventura, senza prenotare uno straccio di albergo, nonostate fosse il periodo del ponte dei Morti. Alle dieci di sera occupammo la hall di un hotel dietro Largo di Torre Argentina e aspettammo fino a mezzanotte che si rendesse disponibile una stanza, prenotata da una coppia che non s'era fatta viva per tutto il giorno. La sera successiva, mentre passeggiavamo alle spalle delle Botteghe oscure, ci imbattemmo davanti a una sezione del Pci in un tazebao sul quale era scritto: E' stato ucciso Pasolini.

Fino a quel momento, avevo 11 anni, Pier Paolo Pasolini era stato un libro che mio padre aveva prestato a un caro amico, gli Scritti corsari, senza più riceverlo indietro: non riuscivo a capire, in fondo, perché quella raccolta di articoli fosse tanto importante, da mettere in pericolo un'amicizia che risaliva all'infanzia. Era stato inoltre una serie di apparizioni e di servizi televisivi che, nelle rare serate in cui riusciva a rimanere in piedi più del solito dopo Carosello (forse non a caso, proprio quelle, penso col senno di poi), si ascoltava seduti in soggiorno, in silenzio religioso.

Poco dopo aver perso mio padre, otto anni fa, ho acquistato e letto la mia copia degli Scritti corsari. Emulazione postuma, esperienza mimetica nei confronti di un punto di riferimento, tentativo impossibile di creare un'affinità a distanza, di colmare vuoti e sensi di colpa. L'esatto opposto dell'istinto che Bernardo Bertolucci descrive a proposito della sua improvvisa e quasi casuale esperienza di aiuto regista, ventenne, di Pasolini in Accattone, sull'ultimo numero di Micromega in una conversazione con Lidia Ravera:
I riferimenti cinematografici di Pier Paolo erano Dreyer e Chaplin. Veniva dall'arte, dalla letteratura. Pensava alle pale d'altare. Ai paesaggi di Simone Martini, ai primitivi senesi. Inchiodava la macchina da presa davanti alle facce, ai corpi, alle baracche, ai cani randagi nella luce di un sole che a me sembrava malato e a lui ricordava i fondi oro. Ogni inquadratura finiva per diventare un piccolo tabernacolo della gloria sottoproletaria. Presi allora la decisione che il mio cinema sarebbe stato un cinema che quasi rifiutava il piano fisso. In costante movimento, di avvicinamento, di allontanamento, di avvolgimento, la macchina da presa sarebbe arrivata a toccare i personaggi, ad accarezzarli. Io volevo che cadesse quel diaframma di rispetto sacrale che c'è nel cinema di Pasolini, la frontalità, nel suo cinema, esprimeva la sua profonda, discutibil ma intensa religiosità. Io volevo che il mio cinema non fosse sacrale. Quando un critico, recensendo La commare secca, lo definì un film pasoliniano, piansi

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17.10.05

Restaurant

Entusiasta che La taverna del capitano, di Nerano - Marina del Cantone, sia stata premiata con 17 cappelli nell'ultima Guida dell'Espresso. Ho pranzato la scorsa estate e mangiare è dire poco, favorito anche dallo scarso numero di avventori.
Baia di Ieranto - dal sito del FaiSono arrivato attorno alle 11.30, essendo partendo molto presto da Praiano a Mare pullmanmunito, e mi è stato offerto dalla signora che ho poi scoperto essere non solo maitre ma anche l'artefice di tutta la strepitosa piccola pasticceria del finale, di utilizzare gratuitamente i servizi della spiaggetta antistante. Alle 13.20 mi sono seduto, per rialzarmi felice e in pace col mondo almeno un paio d'ore e lunghe chiacchierate con l'altro maitre e sposo della suddetto dopo. Indimenticabile la soppressa di polpo in un pasto sublime, per il quale (con tre calici di vino abbinati) ho speso 80 euro. Benedetti. Confesso che, satollo e con una quarantina di gradi all'ombra, uscito dal locale, ho rinunciato alla lunga passeggiata verso la Baia di Ieranto, non molto distante, uno dei tesori del Fai.

Ottima anche la prima prova del ristorante Il Liberty, in viale Monte Grappa, a Milano. Non foss'altro perché, a pochissima distanza dalla Milano più glamour, il venerdì sera la cucina è rimasta aperta fino a mezzanotte, con risultati buonissimi, come gli spaghetti senatore Latini con il cipollotto brasato. Prezzo attorno ai 45 euro, adeguato all'ambiente discreto e alla cucina attenta alla ricerca degli equilibri.

Non mi accadeva dall'ultima vacanza a Pantelleria di uscire da un ristorante con la bottiglia di vino ancora da finire in mano, adeguatamente ritappata. Non a caso, si è ripetuto con la Trattoria Trinacria, in via Savona, sempre a Milano, dove ho assaggiato degli involtini di pescespada da otto, con un ripieno leggerissimo e adeguatamente punteggiato da scaglie di buccia di limone. Forse se al posto dei pinoli ci fosse stato un trito di pistacchi e, oltre al limone, si fosse osato con del bergamotto, il risultato avrebbe meritato la perfezione. I 43 euro del conto, compreso appunto il vino "completo", ci stanno abbastanza.

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2.10.05

Vertenze


Il Manifesto ha "approfittato" dei due giorni di sciopero dei giornalisti, per fare anche del buon giornalismo. Oggi, per esempio, ha dedicato il fondo di apertura proprio alla vertenza per il rinnovo del contratto dei giornalisti e all'interno una pagina intera, in cui Roberta Carlini spiega, tra l'altro, che i ricavi dalla vendita dei prodotti collaterali (gadget di vario genere, dai libri ai dvd) sono schizzati in avanti del 103.1% tra il 2002 e il 2003, e che negli ultimi due anni le tendenze dovrebbero esser proseguite. Scrive così:
La forbice tra ricavi e costi per copia, che era di 8 centesimi nel 2001 (0.90 il costo unitario contro 0.98 di ricavo) è salita a 14 centesimi nel 2003 (0.99 contro 1.13). Tra il 2002 e il 2003, in quindici grandi gruppi editoriali messi sotto osservazione da Mediobanca, il fatturato è cresciuto del 9.8% e il valore aggiunto dell'11.6%. Di questo valore aggiunto e incassato, il sindacato chiede la redistribuzione.

La conclusione dell'articolo è illuminante sul paradosso della scarsa capacità comunicativa dei giornalisti sulle questione che li riguardano:
Succede in ogni vertenza che si rispetti, ma qualsiasi vertenza (nel bene e nel male) viene raccontata di più, sui giornali e in tv, di quella dei protagonisti dell'informazione


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1.10.05

Gamberi

Mentre pranzavo, seduto al tavolo della socializzazione (se posti, rigorosamente per avventori che non si conoscono), è arrivata una telefonata. "Anche nella Guida del prossimo anno vi abbiamo assegnato i tre Gamberi", hanno detto dall'altra parte della cornetta, annunciando la conferma tra le poche migliori osterie d'Italia tra i Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso.
Meritatissimi. All'Osteria della Villetta, osteria comunista con tanto di Unità accanto al vecchio grande bancone del bar, a Palazzolo sull'Oglio, in provincia di Brescia, dove ho assistito a questa scena, ho trovato un ambiente splendido, e delle frittelle di baccalà così buone e leggere come le faceva mia madre trent'anni fa.

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Io voglio

La vetrina d'accesso alla sezione di Rifondazione, a Tolmezzo, provincia di Udine, si è trasformata in una bacheca piena di post-it dell'iniziativa lanciata dai creativi che lavorano per Fausto Bertinotti. Una collezione di desideri i più diversi, tutti rigorosamente lasciati dove sono stati incollati dagli autori dei messaggi, anche se contengono frasi sconce, auguri di... morte, eccetera.

Così, tra gli Io voglio, si trovano:
Un altro figlio (e che mia sorella si sposi)
Trovare finalmente un moroso
Tornare a casa in Sicilia


Il compagno Bertinotti avrà il suo bel dafare per soddisfarli tutti.

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29.9.05

Storie serbe - 4

La fantasia dei tassisti di Belgrado è infinita. A ogni nuovo racconto, i loro concittadini scuotono la testa, dedicano agli ospiti stranieri uno sguardo di compatimento. Poi non riescono a trattenere le risate. Con me hanno fatto molto di più: in un ristorante, quando l'ho mostrata, mi hanno chiesto di consegnare loro la ricevuta che un vero artista del taxi mi aveva rilasciato, per farne una fotocopia e ... incorniciarla.

E' un rettangolo di cartoncino, tagliato sulla parte superiore come se fosse stato strappato male da un blocchetto. Sul retro, al centro, è stampato il marchio "Bayer Health Care". Nella parte frontale, in alto a sinistra è scritto "Canesten". Sulla destra, in piccolo: Menstrualni Kalendar za.... godinu (temo non servano traduzioni...). Sotto, il calendario di un intero anno, ai cui piedi è indicata la gradualità dei cicli: pallino pieno, una X, pallino vuoto, trattino. Il tassista, ha tracciato una freccia in corrispondenza del mese di settembre, fino al 21. Due righe più sotto, ha aggiunto 400,00 dinari. E, con la cortesia che gli è propria, ha tenuto ad apporre la sua firma. Un'opera d'arte certificata.

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Tormente


Ho lasciato l'Italia il 22 agosto e vi sono rientrato qualche giorno fa. Sulle prime pagine dei quotidiani, allora come in questi giorni, il caso Fazio è una delle notizie di apertura. Dopo oltre un mese, malgrado la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, le dimissioni di ministri, le dichiarazioni "di fuoco" di maggioranza e opposizione, il governatore è ancora lì.

Qualcosa di nuovo, però, si è profilato all'orizzonte negli ultimi giorni. Il ministro Landolfi ha denunciato che le fiction della Rai "grondano comunismo". Sarà un caso, ma ho letto il titolo relative a quelle dichiarazioni sul Corriere della sera di ieri, subito dopo essere uscito dal cinema e aver visto Good night, and good luck, dedicato alla storia vera di un giornalista televisivo che combatte la caccia alle streghe comuniste del senatore McCarthy. Dopo oltre cinquant'anni, a volte certe manie antiche ritornano.

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23.9.05

Storie montenegrine - 2


In fondo al vecchio Hotel Crna Gora (che vuol dire Montenegro: la sigla internazionale della Serbia e Montenegro è infatti SCG, cioé Serbia Crna Gora) c'è un Casinò, frequentato da pochissimi clienti. Sulla porta d'ingresso è stato applicato un enorme segnale di divieto: Vietato introdurre armi.

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22.9.05

Storie montenegrine - 1


Il lago di Scutari è un incanto, sotto la pioggia. Le sue sponde toccano tre regioni: il Montenegro, l'Albania e il Kosovo. Nella mappa disegnata sul grande cartellone sistemato all'apparire delle prime paludi, la scritta Kosovo non esiste, sostituita dal disegno di una zona di ninfee. Lì dove si sono uccisi a migliaia, spuntano dall'acqua i fiori più gentili.

A Podgorica, la capitale del Montenegro, ero già stato nel 1999. L'energia elettrica era razionata: sei-sette ore al giorno, in poche zone della città. Anche allora, come in questi giorni, arrivai in una giornata di pioggia. Le strade erano fanghiglia, la strada che portava dall'aeroporto al centro attraversava villaggi poverissimi, malmessi. Oggi la notte è accesa a giorno, i locali restano aperti fino alle tre di notte in una zona pedonale attraversata continuamente da squadre di spazzini. Lungo il viale principale, negli spazi delle affissioni luminose ci sono i manifesti del ministero per l'integrazione europea. In ogni angolo, c'è una donna con una cassettina in cui espone qualsiasi marca di sigarette. Il contrabbando continua a essere l'attività principale del luogo, soprattutto quello d'esportazione. Si paga solo in euro, come sei anni fa si usava rigorosamente il marco tedesco, e i prezzi non sono molto lontani da quelli di una media città meridionale. La sensazione è che il Montenegro sia stato annesso alla Serbia e le resti legato poco volentieri.

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Storie serbe - 3


Tarek è figlio di un siriano e di una serba, è di religione ortodossa e vive alla periferia di Belgrado. Dice che le rare volte in cui ha cercato di uscire dalla Serbia, alla frontiera è stato interrogato per ore e ore. Ma è contento ugualmente: la sua doppia origine incuriosisce così tanto le ragazze che riesce ad abbordare, che la prima mezz'ora di approccio va via solo raccontando l'incrocio dei suoi genitori.

Tarek fa il cameraman free lance. Ha un assistente che si chiama Marko. Due anni fa, Marko ha finito il servizio di leva: c'era così poco da mangiare, che è tornato a casa dimagrito di venti chili. Anche Tarek ha fatto il servizio di leva, a Podgorica, in Montenegro, assieme a Goran e Milan, con i quali è rimasto in contatto anche da civile. Racconta di aver scoperto in quel periodo la cucina italiana. "Mangiavo ogni giorno solo spaghetti in bianco. Li chiamavamo Spaghetti alla Milanese, perché Milan li buttava nell'acqua, quando bolliva".

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Storie serbe - 2


La rakia è l'equivalente della nostra grappa. In Serbia si usa berla prima del pasto, per aprire lo stomaco. Molti la usano durante il pasto, come il raki con acqua per i turchi.
I partecipanti alle trasmissioni televisive sono l'equivalente dei nostri carabinieri. In Serbia sono i protagonisti più diffusi nelle barzellette.

Per una trasmissione del mattino dedicata ai bambini, si decide di realizzare un servizio per spiegare le abitudini di un serbo che abita in una zona interna, di campagna, e dare ai piccoli un esempio fortemente educativo. Un giornalista parte con una troupe per la Vojvodina e arrivato a Vrsac incrocia lungo la strada un signore di una sessantina d'anni. Lo ferma e gli chiede di raccontare davanti alla telecamera come trascorre la sua giornata. Le riprese cominciano.
Giornalista - Buongiorno, signore. Qual è il suo nome?
Passante - Mi chiamo Zoran.
G. - Bene, Zoran. Ci racconta come si svolge la sua giornata?
Z. - Mi sveglio alle sei del mattino e bevo un bicchiere di rakia.
G. - Poi?
Z. - Mi vesto e, prima di uscire per andare a lavorare la terra, bevo un bicchiere di rakia.
G. - Ah, e poi?
Z. - Arrivo davanti ai miei campi e per cominciare bevo un altro bicchiere di rakia. Lavoro un'ora e quando sono stanco bevo un bicchiere di rakia. Attorno a mezzogiorno, finito di lavorare, torno a casa e pranzo con un bicchiere di rakia...
"Stop", urla il giornalista spazientito. "Non è possibile, Zoran. Questo è un programma per i bambini, dobbiamo spiegare loro che nella vita si deve leggere, studiare, imparare ogni minuto. Ha capito, Zoran?". Il signor Zoran fa cenno di sì con la testa, chiede scusa al giornalista, e si prepara per ricominciare l'intervista. La telecamera si riaccende.
Giornalista - Buongiorno, signore. Qual è il suo nome?
Passante - Mi chiamo Zoran.
G. - Bene, Zoran. Ci racconta come si svolge la sua giornata?
Z. - Mi sveglio alle sei del mattino e leggo un libro.
G. - Poi?
Z. - Mi vesto e, prima di uscire per andare a lavorare la terra, sfoglio un libro.
G. - Bene, e poi?
Z. - Arrivo davanti ai miei campi e, prima di cominciare a lavorare, leggo un libro. Lavoro un'ora e, quando sono stanco, sfoglio un altro libro. Attorno a mezzogiorno, torno a casa e mentre pranzo leggo un libro.
G. - Che bello! E, mi dica Zoran, come trascorre la serata?
Z. - Dopo cena, esco da casa e vado a trovare un amico che ha una tipografia.

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Storie serbe - 1


A Vrsac, una cittadina della Pannonia, alta Voivodina, a una quindicina di chilometri dal confine con la Romania, nostalgici cinquantenni conservano la foto incorniciata del maresciallo Tito. Finito il pranzo, nella cantina in cui raccontano d'aver ospitato l'ex primo ministro Djndjic, ucciso dentro il Ministero delle Finanze di Belgrado a pochi passi dai resti di un enorme palazzo devastato dai bombardamenti americani, la tirano fuori e raccontano. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi che vivevano nella zona da circa 150 anni furono cacciati via. Tito confiscò loro le terre e le distribuì gratuitamente a croati e sloveni, che fece arrivare qui con il miraggio di una proprietà collettiva da sfruttare. "I parenti che venivano a trovarli dicevano: Voi sì, che siete fortunati. Avete la terra ed è anche gratuita. Che grand'uomo, il maresciallo".

Oggi la proprietà è privata, ma le condizioni di vita non sono molto migliorate. Si ha l'impressione di vivere in una società rurale dei nostri Anni 50. In una traversa della piazza centrale, a pochi passi dal negozio di Benetton, è ancora funzionante un bazaar in cui si può trovare dalla mutanda alla radio a transistor. Attorno alla città, i contadini si muovono a cavallo di trattori antichi o su sgangherate Trabant che producono un terribile puzzo di benzina. I prezzi sono terribilmente concorrenziali: un pacchetto di sigarette costa l'equivalente di 80 centesimi di euro (si paga in dinari), si cena con tre pietanze non superando gli 11-12 euro, la benzina costa la metà di quanto ci viene usurpato in Italia.

La gente è cordialissima, gentile, ospitale, molto dignitosa. Non parla una parola di inglese, mastica qualcosa di italiano ascoltato in televisione, ma si illumina in volto quando deve darti un consiglio. E se ti lamenti perché sei stato spedito in un hotel che fino a due giorni prima (e da due giorni dopo che te ne sarai andato) era un gerontocomio - non si chiama Metropol o Hyatt, ma proprio Gerontoloski Center, con tanto di tenda veneziana stampata che copre il bar e camerieri che hanno appena smesso il camice di infermieri - e ha un bagno in comune tra due camere, si mortifica: va nell'aiuola sul retro, raccoglie qualche fiore, raddoppia lenzuola e asciugamani. E spera che tu apprezzi e non vada via.

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18.9.05

Avanti


Dalla recensione di Franco Marcoaldi su Senza verso (ed. Laterza) di Emanuele Trevi, pubblicata su un Almanacco dei libri di Repubblica dello scorso anno:
Perché raccontiamo delle storie? Non si tratta tanto di afferrarne il significato, ma di spingere comunque in avanti ciò che ci viene raccontato:"come gli scarabei stercorari spingono avanti la loro pallina di merda". Non c'è verso, è proprio così.


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15.9.05

Mantellini sarà contento?


Un'indagine rivela che un giornalista italiano su tre segue un blog e che molti ne hanno un proprio. Si può leggerlo sul Corriere. Se non ricordo male, anch'io ho partecipato al sondaggio. Conterà qualcosa?

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11.9.05

Blog di quartiere


A settembre, la libreria Archivi del '900 si trasferisce in via Montevideo 9, a pochi passi dal Parco Solari, negli spazi che erano stati di Tikkun.

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Qua e là


La coppa Volpi a Giovanna Mezzogiorno. Ho visto la Bestia nel cuore: buon film, certo non un capolavoro, ma non mi sembra avesse questa velleità. Per la portata del tema (Festen, per esempio, partiva da un presupposto molto simile, ma aveva uno sviluppo decisamente più aspro, quasi fisicamente rivoltante, di questo) e la grande quantità di altri temi collaterali (rapporti saffici, adulterio, attualità e distruzione della famiglia, la cultura del cinema/teatro contro l'assurdità della televisione, ecc.), si poteva temere peggio: la Mezzogiorno recita con equilibrio e delicatezza un ruolo che le appartiene ormai da alcuni film.

Tempo medio di lettura del Corriere della Sera Magazine. Due minuti e 35 secondi.

Il valore dei film a basso costo. Leggo che Nove vita di donna, il film di Rodrigo Garcìa che ha vinto il Pardo d'oro a Locarno, è stato recitato praticamente gratis da un cast eccezionale. E che anche Concorso di colpa, con Nuti e Benvenuti, è stato realizzato con un budget risicatissimo. Il risultato, però, è profondamente diverso, sia nel concepimento delle idee sia nella recitazione. Il primo, girato con nove piani sequenza di 12 minuti ciascuno, ha un respiro carveriano, secco e perfetto, che rende credibili tutte le storie rappresentante, anche quelle più paradossali. Il secondo è un guazzabuglio che parte da un'idea post-movimentista (quattro ex "autonomi" sono radunati a seguito della morte del quinto componente del gruppo, considerato responsabile della morte accidentale di un giovane fascista avvenuta alla fine degli Anni 70) e declina verso un giallo senza molto senso, con dialoghi spesso talmente marcati da risultare inattendibili e goffi.

La Grande Orchestra Avion Travel. Visto alla Festa dell'Unità dopo un diluvio che ha costretto a rinviare di un'ora e dieci minuti l'inizio della musica. Nella stessa serata gli AT, Musica Nuda e la trascinante Orchestra di Piazza Vittorio. La perla dell'evento è stata l'improvvisa apparizione di Stefano Bollani, per un'imitazione di Peppe Servillo che presentava l'Orchestra. Splendida serata, ricca, come non mi accadeva da tempo.

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7.9.05

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Il maghetto di Guantanamo


Il blog del Literary Salon rivela che i libri di Harry Potter sono tra i più popolari fra i 510 islamici "ospiti" della prigione di Guantanamo. Lo racconta "Lorie", nome con il quale viene identificata una bibliotecaria del carcere, la quale aggiunge che subito dopo quelli del maghetto, i più diffusi sono i gialli di Agatha Christie. La Reuters ne parla in questa notizia.

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3.9.05

Più ricchi


Ho letto poco di Enzo Baldoni, ucciso un anno fa in Iraq. Ho letto invece molto su di lui, e ogni volta sono rimasto colpito dal sorriso lieve con il quale era ritratto in fotografia. Diario pubblica un suo resoconto di sette settimane in Colombia da cui è ricavato questo estratto, che mi piace molto:
È notte, e, in ritardo come al solito, preparo lentamente la valigia. Gli scarponi consumati. I pantaloni strappati nei rovi. Una camicia macchiata. Il distintivo delle Farc strappato al riluttante comandante Julián. E infine il compagno di viaggio più prezioso, il taccuino ormai pieno della mia calligrafia contorta, con la copertina di tela blu un po’ consunta, sporca qua e là del fango del Caguán. Mi sto lasciando un altro pezzo di vita alle spalle, e anche questo va bene così. L’ho vissuto intensamente. Niente rimpianti, me ne vado più ricco

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28.8.05

La storia in verde


Quello schieramento di rigidi volumi verdi era una sorta di confine ideale, costruito negli anni con un omino grassoccio e sudato che ogni tre mesi, puntualmente, passava a riscuotere le rate violando il "sancta sanctorum". Al di là, c'era il mondo intellettuale di mio padre, quasi invalicabile, popolato poi da innumerevoli altre collane, storie della letteratura di vario genere, montagne di saggi, il primissimo Chomsky, l'interpretazione psicanalitica di Leopardi, l'opera omnia di Pirandello e i saggi meridionalisti di Salvemini. Al di qua, il desiderio inespresso ma fremente di raggiungerlo e di immergersi in quella silenziosa fonte inesausta di conoscenza.

Dal 1° settembre, il Sole 24 ore venderà i volumi principali della Storia d'Italia Einaudi, in allegato con il giornale. Il primo sarà addirittura in omaggio. Come togliere la poesia a una piccola grande storia.

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La tv che avanza


C'era grande preoccupazione, in redazione, per il debutto su Canale 5 della trasmissione sul calcio di Paolo Bonolis, nuovo temuto memico del giornalismo sportivo tradizionale. Specie dopo le dichiarazioni allarmanti rilasciate dal conduttore. A Repubblica, per esempio, aveva detto:
"Sono uno che fa spettacolo e inizia una nuova avventura della declinazione della comunicazione. Dovrò parlare in un altro modo, dovò esprimermi con concetti e ritmi diversi. Col varietà, racconti una realtà che non esiste, quando ti occupi di calcio racconti una realtà che esiste. Il calcio è emozione e disincanto: quello che cercheremo di trasmettere".

Ho seguito il programma a intermittenza, ma ho dedicato un'attenzione molto particolare proprio al linguaggio. Il risultato (per non dire delle immagini, identiche a quelle della Rai, o del fatto che il servizio su Ascoli-Milan sia stato mandato in onda un'ora e 27 minuti dopo l'inizio di una puntata della durata di due ore, o ancora delle location scelte per i collegamenti di inviati e corrispondenti: dai pulmini angusti della Rai si è passati a stadi vuoti, sottoscala e affini) è stato assai confortante per molti di noi: un'impressionante sequenza di frasi fatte, luoghi comuni, dal "manto di gioco" al "rettangolo di gara", dal "palo che dice di no" a "c'è ancora tanta carne al fuoco", e clamorosi errori di italiano, che nemmeno il peggior Tonino Carino d'annata. E soprattutto un'insistenza quasi paradossale nell'uso della parola "Mister" con la quale il grande innovatore si è rivolto a qualsiasi allenatore gli sia capitato a tiro.

Trent'anni fa, Vianello e Tognazzi ironizzavano sull'non-cultura di calciatori e ciclisti, puntando proprio sui tormentoni del "Mister" e del "Ciao mama, sono arivato uno", per rendere penosamente ridicoli i personaggi delle loro scenette. E' davvero questa la "nuova avventura della declinazione della comunicazione"?

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27.8.05

Orgoglio di lettore


Quest'anno io non sarò al Festivaletteratura di Mantova.

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La villeggiatura di Mussolini


il continente visto da PonzaUn anno fa, di questi tempi, mi aggiravo per le stradine di Ponza (nella foto accanto, donatami da un'amica conosciuta sul posto, è ritratto "il continente" visibile dall'isola in una mattinata limpida), alla ricerca di tracce sui confinati politici più o meno celebri che vi avevano trascorso lunghi periodi durante la dittatura fascista. Ne trovai pochissimi, però, come se l'isola ma soprattutto i suoi ospiti estivi, romani televisivi e persone "bene" di ogni tipo, avessero fatto il possibile negli anni precedenti per cancellare tracce in grado di incupire l'atmosfera rilassata e godereccia di una delle località turistiche più suggestive del Tirreno. E non solo loro, evidentemente.

Mi faceva da guida un libro, che in questi giorni ho ritrovato in edizione economica, scritto da Silverio Corvisieri, nato a Ponza (san Silverio ne è il patrono) e poi diventato fra l'altro direttore del Quotidiano dei lavoratori, e pubblicato da Baldini Castoldi e Dalai. Si intitola La villeggiatura di Mussolini ed è una ricostruzione storica molto fedele di ciò che accadde, non solo nei rapporti fra il regime e i confinati ma anche all'interno del gruppo dei "politici", forse la parte più interessante, lucida e rigorosa.

Il confino fu istituito all'indomani di un discorso che Mussolini fece il 25 maggio del 1927, e gestito da Arturo Bocchini, non solo il più alto funzionario della polizia fascista ma anche (si ricava dal resoconto di Corvisieri) un direttore marketing ante litteram della strategia politica interna alla dittatura. Inizialmente, la deportazione sarebbe potuta variare da uno a cinque anni. In realtà, un poco alla volta l'esigenza di punire l'irriducibilità di numerosi confinati portò le autorità del regime a violare le loro stesse leggi, infliggendo una seconda "cinquina", quando non anche un terza. Scrive Corvisieri:
Nell'immaginario collettivo, queste isole (Ponza, Lipari, le Tremiti, Ustica, Favignana, Lampedusa, ma anche 262 piccoli centri, quasi tutti meridionali, dove il trattamento era considerato meno afflittivo di quello insulare) sono brulicanti di vip e turisti. In teoria, vivere qui non avrebbe dovuto costituire una sofferenza, ma si sarebbe potuto considerarla una sorta di vacanza, sia pure forzata. In realtà, la vita nelle piccole isole è difficile ancora oggi per almeno 8 mesi su 12, tant'è vero che il relativo benessere economico non riesce ad arrestare i flussi migratori verso il continente.

Fu appunto Bocchini, in un documento del gennaio '28, a creare l'equazione confino=villeggiatura. Scrisse allora: "dobbiamo mandare i confinati in isole straordinariamente belle, proprio perché in tal modo potremmo sfatare la leggenda, tanto cara ai fuoriusciti italiani e alla stampa estera ostile al regime, circa il presunto inumano trattamento usato ai confinati politici. In questo, fu sostenuto in parte da alcune circostanze, come la possibilità concessa a molti "politici" di tenere con sé la famiglia e i 26 matrimoni che vennero celebrati tra confinati e ragazze di Ponza: tutti fortemente contrastati dalle autorità con pressioni sulle famiglie, ricatti economici, trasferimenti a volte delle moglie, altre dei mariti. In realtà, su un vasto campione di deportati a Ventotene, i morti furono 177, pari all'1.25% del totale: un'enormità se si tiene conto che l'età media dei confinati si aggirava sui 50 anni.

Dall'estate del '39, il fior fiore dei confinati antifascisti era stato concentrato a Ventotene, dove oggi i segni di quel periodo sono (al contrario di Ponza, che allora fu chiusa come colonia confinaria e adibita a confino per gli internati, tra i quali slavi, greci e albanesi) numerosi e tanto evidenti.Qui, infatti, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli - le cui spoglie sono sepolte sull'isola - scrissero all'inizio del 1941 il Manifesto per l'Europa libera e unita. Secondo Corvisieri, il confino incise, sotto l'astuta strategia di Bocchini, sulle sorti interne al Partito Comunista. I permessi concessi dalle autorità ad Amedeo Bordiga, per esempio, perché lavorasse come ingegnere, ne accelerarono l'espulsione a opera del direttivo che già lo aveva individuato come il nemico interno per essersi allineato alle posizioni di Trotzkij, contrario allo stalinismo imperante. Scrive l'autore, in termini più generali:
La storia politica dei collettivi comunisti al confino fu una storia grande e terribile. Fu la storia di un nucleo di combattenti che seppe fronteggiare il tentativo fascista di piegarlo e umiliarlo, diventando così la fucina dalla quale sarebbero usciti molti dirigenti della Resistenza. Ma al tempo stesso fu la storia terribile della degenerazione stalinista di un partito che pure era stato fecondato dal pensiero innovatore e originale di Antonio Gramsci.

La stesura del Manifesto europeista sancì la vera rottura, al punto da indurre i confinati a mangiare in due distinte mense e a evitare di parlarsi. Per Giustizia e Liberta, il Manifesto era generico, utopistico; per i comunisti, una pericolosa stravaganza intellettuale. Pertini ritirò la firma per disciplina alla direttiva dei socialisti, per non danneggiare i rapporti con il Pci; Rossi, Spinelli e Dino Robero diedero vita alla mensa "E", come Europa, con l'adesione dello stesso Pertini e di un altro socialista Jacometti, oltre che di alcuni reduci delle brigate internazionali antifranchiste e l'anarchico Domaschi.

Nel '43, Ponza tornò a essere sede di confino. Qui Pietro Nenni ebbe notizia delle dimissioni di Mussolini (almeno questa era la versione ufficiale) il 26 luglio del '43. E qui proprio Benito Mussolini aglli arresti arrivò il 28 luglio, fu sistemato in una palazzina sul porto, a destra dell'ingresso nell'insenatura, dove oggi c'è un affittacamere. Anche per lui, in teoria, si sarebbe dovuto trattare di qualcosa di diverso da una villeggiatura. Di fatto, non fu così, anche se molti dei suoi avversari colà confinati ne approfittarono per tornare in liberta. In carcere e al confino, per causa di Badoglio e della sua polizia, rimasero gli anarchici e gli slavi. Nei giorni tremendi seguiti all'armistizio dell'8 settembre, molti di essi riuscirono a fuggire dalle isole e dai campi, ma numerosi altri - e tra questi parecchi ebrei - caddero nelle mani dei nazisti per essere deportati nei lager e in gran parte uccisi.

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Buon viso


Sulla prima pagina della cronaca milanese del Corriere di ieri, Armando Torno sollecitava una nuova progettualità per l'estate cittadina (del prossimo anno). Le abitudini sono cambiate, ha scritto in sostanza, i milanesi restano in città molto più che in passato durante l'agosto, ma i servizi sono scarsi come sempre, dai negozi alla cultura.
E' sufficiente girare in queste ore di pre-rientro per le strade deserte e spente, per verificarlo. Oppure entrare nei pochissimi luoghi dediti alla cultura e all'intrattenimento per misurare la fame, la sete, la necessità di qualcosa che allieti, arricchisca, riempia. C'è così poco, e così mal proposto, che nel vuoto cosmico dei cinema di fine estate si riesce perfino a considerare un bel film I giorni che passano, di André Techiné: in momenti migliori, sarebbe stata quella pellicola a trasmettere una spiacevole sensazione di vuoto.

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26.8.05

Parole nuove

Scrive Gregory Lamb sul Christian Science Monitor (ripreso da Internazionale nel numero la cui cover story era dedicata al Pianeta Google):
Sia i sistemi di traduzione automatica basati su regole fisse sia quelli statistici rischiano di incappare in gravi errori quando affrontano i testi non specialistici. Uno dei problemi è rappresentato dalla vastità e dall'eterogeneità del lessico: analizzando il Wall Street Journal, è stato rilevato che ogni edizione contiene tra l'1 e il 2 percento di parole mai comparse prima su carta. Un prinicipio statistico, noto come "legge di Zipf", afferma che, data l'enorme quantità di parole disponibili, quasi ogni articolo conterrà qualche parola insolita e, a meno che i programmi statistici di traduzione automatica non abbiano già visto quelle parole in molti contesti, è probabile che compiano errori di traduzione.

Ecco la definizione della legge di Zipf che dà Wikipedia.

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Un appello

Questa sera avrei un grande bisogno di concretezza.

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25.8.05

Maestro Gianni

L'avvio è eccellente. Il luogo, ricavato con volumi amplissimi da un deposito di tram - che scorrazzano, scampanellando, visibili attraverso un lungo finestrone che squarcia l'enorme sala centrale - è moderno e molto particolare. La mostra d'apertura, davvero appropriata: un omaggio a Gianni Berengo Gardin, maestro della fotografia italiana. E anche il pubblico, in un insolito giovedì pomeriggio di fine estate, non manca. Forma, il Centro internazionale di fotografia aperto il 14 luglio a poche decine di metri dall'Auditorium dell'Orchestra Verdi, in una zona che sembra possa rinascere come nuovo polo culturale milanese, promette assai bene. Soprattutto se anche in futuro si affiderà a curatori tanto intelligenti.

Le foto di Berengo Gardin, infatti, sono splendide. Diventano ancora più "leggibili", seguendo le indicazioni di Alessandra Mauro, che non indulge in analisi troppo autoreferenziali, come generalmente accade altrove, per rivelare invece aspetti personali dell'autore che rendono la mostra fruibile da un pubblico molto ampio ("Una foto che ha bisogno anche di una sola parola di didascalia non è una gran foto", per esempio: frase banale, ma molto efficace). Immagini che testimoniano l'evoluzione di un Paese e di un popolo, dagli abiti alle abitudini, ma che nello stesso momento sembrano scolpite in un tempo assoluto, senza età. Scrive appunto Mauro:
Ogni immagine di Berengo Gardin è un punto significativo in cui si intrecciano vite, storie e storia.


Puglia 1966Sono talmente belle (quelle della Puglia in particolare, realizzate per un volume del Touring Club Italiano pubblicato nel 1967, da cui è ricavata la foto qui accanto), che m'è venuta voglia di riprendere in mano Viaggio in Italia di Guido Piovene (pubblicato nel 1993 da Baldini e Castoldi, ma non più disponibile su Ibs, che ho trovato un paio di anni fa nell'edizione originale di Mondadori), e di pensare che da troppo tempo manca l'analisi di un grande giornalista capace di interpretare, in un viaggio-reportage moderno e profondo, una nazione tanto variegata e diversa che per i più diversi motivi si tenta sempre più di omologare. Piuttosto si racconta, magistralmente d'accordo, la ricerca del cristianesimo perduto da Torino a Gerusalemme, come fa Paolo Rumiz su Repubblica, ma nulla più di ciò che accade sui nostri Appennini.
Mercoledì ero a Pesaro, in spiaggia. Accanto al mio lettino erano distesi due ragazzi napoletani, che dialogavano in dialetto stretto. Alle mie spalle una coppia di mezza età proveniente da Padova, riconoscibile dall'accento e da una telefonata, in puro slang, della signora. Davanti un'insegnante che ha rivelato in fretta la sua origine pugliese. L'unica cosa che accomunava tutti e cinque, probabilmente, era la necessità di una vacanza a prezzi modici: omologazione del consumo, con tendenza al ribasso.

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I luoghi delle storie

Ho pensato non fosse una coincidenza che i due film, per me, più belli dell'ultimo anno siano stati Private di Saverio Costanzo e La sposa siriana di Eran Riklis, di cui ho scritto in uno degli ultimi post. Entrambi ambientati in un Medioriente pieno di storie individuali ordinarie e nello stesso tempo eccezionali che insieme fanno una Storia, e recitati con un'intensità di straordinaria eloquenza.

Giorgio Montefoschi, alcune settimane fa, lo ha spiegato bene sul Corriere della sera, proprio a proposito della Sposa siriana:
(...) Questa è una storia emblematica nella quale si dimostrano quanto contano i luoghi per il rilievo delle storie.
(...) Bere un bicchiere d'acqua a Gerusalemme, avere un problema di passaporto sul Golan è diverso che averlo a Viterbo. Spesso, la letteratura e il cinema europei sono accusati di non occuparsi della realtà. Il fatto è questo: è la realtà dei luoghi e delle situazioni che rende "attuali" il cinema e la letteratura. Anche quando le vicende sono normalissime. Purtroppo, in Europa, a questa drammaticità involontaria ci stiamo avvicinando.

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8.8.05

Stili e messaggi - continua

Segue il post di qualche settimana fa sui libri e contiene una pillola finale di Echisenefrega.

Legàmi di Nuruddin Farah non è stato facilissimo da digerire all'inizio, ma si è via via sciolti:ne è venuto fuori un libro di spessore, molto utile per cogliere una cultura dei rapporti umani e di potere profondamente diversa dalla nostra e per molti incomprensibile.
Ho sprecato un po' di tempo dietro A spasso con Erodoto: temo purtroppo che Kapusczinski lo abbia scritto per rispettare qualche obbligo editoriale.
Ho invece apprezzato quasi tutti i racconti di Ricuore, pubblicati dal Maestrale.
Ora sto prendendo una piccola pausa col Filo del rasoio di Somerset Maugham, prima di immergermi nei Dispacci di Herr, che Giuseppe Culicchia ha definito su Ttl di sabato 30 luglio il miglior libro di guerra mai scritto, e in un paio di tomi da cui mi aspetto alterne fortune: L'impossibile volo di De Bernieres (amo la Turchia, ma il Mandolino del Capitano Corelli non l'ho letto né visto al cinema per principio: odio i polpettoni. Vediamo!) e La fortezza della solitudine di Lethem.

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La bolla del pensiero globale

Non sono sicuro che l'Herald Tribune conservi a lungo, senza porre a pagamento dopo un certo numero di giorni, questo commento di sabato 6 agosto '05, tratto dal NYTimes. Così, lo posto per intero. A me è piaciuto e l'evidenziatura è mia.
Earlier this week, Technorati, a Web site that indexes blogs, released its semiannual "State of the Blogosphere" report. It records a steady, and astonishing, growth. Nearly 80,000 new blogs are created every day, and there are some 14.2 million in existence already, 55 percent of which remain active.

If the blogosphere continues to expand at this rate, every person who has Internet access will be a blogger before long, if not an actual reader of blogs. The conventional media have often discussed the growing impact of blogging on the coverage of news. Perhaps the strongest indicator of the importance of blogdom isn't those discussions themselves, but the extent to which media outlets are creating blogs - or bloglike manifestations - of their own.

That is the serious side of the blogosphere. But blogs are often just a way of making oneself appear on the Internet. It's like a closed-circuit video camera that catches a glimpse of you walking by an electronics store window filled with televisions. There you are in all your glory, suddenly, if not forever, mediated. Starting your own blog used to require a certain amount of technical expertise. Now you can do it from within popular Web portals like MSN and AOL, using tools that make it almost as easy as sending e-mail. These days, a surprising number of people write home by posting to their blogs - that is, by writing to everyone on earth.

It's natural enough to think of the growth of the blogosphere as a merely technical phenomenon. But it's also a profoundly human phenomenon, a way of expanding and, in some sense, reifying the ephemeral daily conversation that humans engage in. Every day the blogosphere captures a little more of the strange immediacy of the life that is passing before us. Think of it as the global thought bubble of a single voluble species.

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Piacere fisico

Dall'intervista a Carlo Fruttero sull'Almanacco dei libri di Repubblica del 30 luglio '05:
Domanda - Per leggere ha bisogno del silenzio?
Un po' di scena aiuta. Preferisco in campagna che altrove. Non potrei mai aprire un libro sulla spiaggia, sotto l'ombrellone, il vociare confuso, i palloni che volano. La lettura è un piacere fisico, come vedere un bel paesaggio o tuffarsi in mare.
La coreografia preferita?
In autunno, davanti al camino acceso: un plaid, una tazza di tè, tre ore senza seccature, un romanzo non inferiore alle quattrocento pagine. Il godimento diventa carnale. D'estate mi accontento della penombra in pineta

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24.7.05

La sposa siriana

La No man's land drusa, al confine (fisicamente, religiosamente e moralmente) invalicabile tra Israele e Siria, è commovente, delicato, solare nella sua livida trama.
Le donne sono protagoniste, nella ricerca di autonomia, nella speranza di superare quelle barriere mettendosi in cammino, come fa la promessa sposa che la burocrazia dello scontro politico tiene in ostaggio. Ma il momento più toccante è forse quello degli uomini: l'abbraccio fra il padre orgoglioso e irriducibile, e il figlio che torna dopo otto anni di fuga dalla tradizione ottusa.
Sarà perché l'ho visto in lingua originale, con sottotitoli non invasivi, lo considero uno dei film migliori dell'anno. E qui aggiungo il link al sito, ugualmente fatto bene.

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